Barocco ellenistico

L'indipendenza, come sosteneva
Lisippo, incoraggia ogni artista ad arare il proprio solco, modificando i canoni e le convenzioni per stabilire una nuova verità relativa.
La creatività vera e propria dell'arte ellenistica sta nel rappresentare il mondo secondo l'effetto transitorio del momento particolare.
La consapevolezza della distanza e della differenza col periodo classico inaugurò un periodo di radicale sperimentazione artistica che si concluse con la battaglia di Pidna (300-168 a.c.). Per alcuni versi l'epoca ellenistica barocca è simile a quella delle società occidentali del tardo 20° secolo: in entrambe si vedeva un passaggio dal totalitarismo al pluralismo, dalla coerenza alla varietà.
Nel tardo 20° secolo esistevano gli stati sovrani, ma che condividevano uno stile di civiltà proprio come gli abitanti dei regni ellenistici seguivano la cultura collettiva greca.
Aristotele intuì che il realismo e le opportunità, l'autentico e il fittizio, potevano coesistere. In entrambe le culture, greca e moderna, l'arte rispondeva ad un vasto e sofisticato pubblico e poteva concretizzare una serie di eventi e di idee che andavano ben oltre il realismo dello stile tradizionale.

La pittura non implicava più di dovere "
applicare il colore appropriato ad ogni parte", come aveva sostenuto Platone. Ora la forma
emergeva dagli schemi creati da una giustapposizione di minute pennellate di diversi colori non mescolati.
La sintesi si realizzava nell'occhio dell'osservatore; tecnica riscoperta col
divisionismo praticato nel 20° secolo dai
neoimpressionisti.
Le caratteristiche più sorprendenti del Sileno dipinto su una tomba da Potidae in Macedonia (c.300 a.c.) sono la barba arruffata che incornicia l'espressione sottilmente maligna del volto dell'uomo e gli stivali in pelle rossa.
Le linee sono sottili, appena abbozzate, mentre l'ombra della stoffa rosa intorno ai fianchi è realizzata per mezzo di spesse pennellate dello stesso colore.
La complessità della pittura asiatica si rivela nella Tomba del Giudizio, che risale al regno di Demetrio Poliorcete (294-288 a.c.). E' l'opera di Teone di Samo, Mar Egeo orientale, commissionata dal figlio di Antigone I.
In un'altra tomba, quella di Lison e Kallikles, (fratelli uccisi durante la battaglia di Kynoscephalae nel 197 a.c.), le loro armi ornano le lunette (aperture semi-circolari per la luce) della camera, migliorando lo schema illusionistico.

Il pittore aveva usato impasti e ombreggiature, prestando particolare attenzione agli effetti di plasticità, contrasti di colore e luci brillanti, procedendo dal netto profilo dei manufatti in metallo alla delicata qualità delle piume poste sul casco dorato.
I regni fondati in Egitto e Anatolia dalla prima generazione di epigoni, cui succedettero i Diadochi, fecero a gara per superarsi a vicenda in monumentali progetti.
Immediatamente dopo la morte di Lisippo, i suoi seguaci si trasferirono a Rodi, portando con loro le competenze che avevano sviluppato a Taranto.
Chares di Lindos raddoppiò l'altezza dello Zeus del suo maestro, con il suo
Colosso di Rodi di 32 metri (304-293 a.C.).
Questa effigie in bronzo accentuava il movimento del soggetto in ogni direzione, segnando la nascita di un'arte aperta al mondo, con una traduzione visiva di una infinita vastità.

Gallo morente (copia romana)
Al santuario del dio sole, c'era una scultura di Boithos di un adoratore in una posa spesso adottata in presenza degli dei.
Simile a questa era la figura estatica di Eubulo: "
Admirans Mulier". La firma di Eubulo è incisa alla base di un recipiente scoperto nel pozzo, ai piedi dell'Acropoli di Rodi.
Questi pozzi, rivestiti in mattoni sottili e muniti di efficienti canali di drenaggio per la cera, sono stati utilizzati per creare opere alte fino a tre metri.
La statua di Tiche (personificazione della fortuna), fatta dal figlio di Lisippo (c.300 a.c.) fu commissionata da Seleuco I per simboleggiare Antiochia e fu ancora più complessa dell'
Eracle in meditazione, altro colosso di Taranto.

Polifemo ubriaco (grotta di Tiberio, Sperlonga LT)
Uno stile locale si affermò a Pergamo dopo il 282 a.c. quando il sovrano Filetero ottenne l'indipendenza politica.
Questo stile fu caratterizzato da forme eccentriche e gesti irregolari, con figure che non avevano alcun ancoraggio centrale e sembravano abbracciare il vuoto.
Lo spazio era diventato una sfida, un'opportunità per stimolare lo stupore dello spettatore.

Il tormento di Dirce (frammenti di copia romana)
Il lavoro prodotto durante questo periodo evolutivo, che altrove precedeva la liberazione della scultura dalla precedente scuola "manierista", si concentrò presso la corte di Eumene I (263-241 a.c.) grazie ad esponenti delle due scuole principali di epoca classica, quella ateniese e quella di Sicione.
Gli scultori Firomaco, Nikeratos, e Senocrate furono i responsabili della rapida maturità della scultura di Pergamo e della creazione di uno
stile "barocco", destinato a raggiungere il successo universale e duraturo.
I progressi nella conoscenza dell'anatomia trovarono conferma nella possente modellazione della muscolatura e delle ossa, come nel cavallo di Artemisio, nel fantino e nel lottatore di Delos.
Lo scultore
Epigono diede nuovo risalto ai dettagli delle scene nella sua serie di statue conosciuta come
I Galli morenti (c.235 a.c.), le cui figure sembrano mettere in discussione il confine tra arte e vita, invadendo lo spazio occupato dallo spettatore.
Alcune firme trovate alla base di statue a Rodi, confermano una distinzione tra i progettisti delle basi e i modellisti, rivelando una specializzazione che incoraggiò la produzione di massa.
Il metodo del baratto fu sostituito dal credito e dal sistema bancario, con cui s'incrementò il flusso di merci, ora rappresentato da valori numerici che tutti capivano.
Le città erano ormai in fase di progettazione su larga scala e gli scultori favorivano uno stile in cui le figure si stagliavano su sfondi profondi, con la prospettiva utilizzata per ritrarre oggetti distanti. Per gli artisti di Rodi, lo spazio era inseparabile dalla distanza.
Lo sfondo non fu più la città, come Pergamo, con le sue piazze porticate, ma presentava rocce, grotte, distese d'acqua, prati e cieli.
Nella filosofia stoica, la moralità è il "frutto di un giardino" e i ninfei (edifici sacri, templi, santuari) furono riempiti di immagini che inducessero alla meditazione, comprese punizioni inflitte dagli dei per ristabilire l'equilibrio divino e rappresentazioni simboliche di coraggio umano.
Nell'inquietante e potente
Supplizio di Dirce di Epigono, il soggetto ha la testa rivolta a guardare negli occhi terrificanti del toro impennato su di lei.
I gruppi scultorei diventano sempre più complicati e sempre meno legati alla vita quotidiana, quasi come se fossero regolati dalle leggi più primitive del genere umano.
Per capirli, lo spettatore deve percepire il fascino primordiale che l'artista convoglia in ognuna delle sue creazioni.
La nebbia fitta che Menandro cerca di penetrare con lo sguardo, l'oscurità che nasconde la fuga di Ulisse e Diomede, la sorgente zampillante ai piedi di Dirce
e la caverna ancestrale dei Ciclopi, creano emozioni ed eccitamento nello spettatore che contempla l'opera.
Analogamente: il Palladium strappato dal suo santuario, il tirso di Dirce, la sfortunata baccante abbandonata sulla roccia, la coppa del banchetto insanguinata dai Ciclopi e gettata a terra, ognuna di queste immagini evoca emozioni e sensazioni sepolte in precedenza.
La statua marmorea della Vittoria in Samotracia e l'Altare di Zeus (189-182 a.c.) eretto a Pergamo commemorano le vittorie a Rodi e
quelle dei loro alleati romani su Antioco III di Siria. Il contorcersi dei giganti accanto ai gradini dell'altare in un magnifico fregio descrivono una battaglia tra gli dei e i giganti.