Video di Pompei con drone




Storia e guida di Pompei

Come arrivare a Pompei

Mappa di Pompei

Grazie alla sua posizione geografica, da Pompei nel raggio di pochi km si possono facilmente raggiungere, Napoli,Salerno, il Vesuvio, la costiera Sorrentina, la costiera Amalfitana e tante altre località sia con l’auto propria che con i mezzi pubblici.

In aereo
Aeroporto di Capodichino Napoli

In auto
Per chi proviene da nord Autostrada A3 Napoli - Salerno uscita Pompei/Ovest
Per chi proviene da sud
Autostrada A3 Napoli - Salerno uscita Pompei/Est

In autobus
Autolinee CSTP
Autolinee EAV
Autolinee SITA

In treno
Linea ferroviaria nazionale Trenitalia
Autolinee EAV

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La storia di Pompei

I primi insediamenti stabili a Pompei risalgono all’ottavo secolo a.C. quando gli Osci, uno dei primi popoli italici, costruirono le proprie abitazioni, dando origine al primo nucleo della città, sulla piattaforma di lava solidificata fuoriuscita nei secoli precedenti dal vicino vulcano Vesuvio.

Ben presto Pompei divenne importante nodo viario e portuale e ambita preda per i potenti stati confinanti.

Primi a sottomettere Pompei furono i Greci: infatti nel VI secolo a.C. divenne una colonia greca e un florido centro di commerci.

I Greci iniziarono un nuovo Foro, cioè il Foro triangolare e continuarono più o meno ordinatamente il tracciato viario.

Dal 527 al 474 a.C. ai Greci subentrarono gli Etruschi. Come i Greci, anche gli Etruschi non conquistarono militarmente la città, ma si limitarono a controllarla.
Sotto gli Etruschi vennero fortificate le mura.

Dal 474 a.C. al 424 a.C. Pompei fu di nuovo sotto l’influsso dei Greci. I Greci le diedero un nuovo assetto urbanistico e promossero un ulteriore sviluppo delle attività commerciali.

Nel 424 a.C. Pompei venne invasa dalla popolazione dei Sanniti provenienti dalle zone interne dell’Abruzzo e del Molise. Sotto di loro la città si fortificò e raggiunse la massima espansione territoriale: il perimetro urbano oggi indicato dagli scavi è quello risalente al periodo dell’occupazione sannitica.

Nel 310 a.C., quando i Romani mossero guerra contro i Nocerini, i Sanniti di Pompei si schierarono a favore di questi ultimi, i quali, dopo una prima vittoria, furono costretti a capitolare.

Pompei, pur governata dai Sanniti, entrò a tutti gli effetti nell’orbita romana, a cui restò fedele anche durante la terza guerra sannitica e nella guerra contro Pirro.

Ribellatasi con la Lega Italica nell’89 a.C., Pompei venne espugnata da Silla e, pur salvandosi dalla distruzione, perse ogni residua autonomia divenendo una colonia romana.

Il terremoto di Pompei del 62 d.C. e l’eruzione del 79 d.C.

Nonostante tante travolgenti vicissitudini politiche, Pompei continuò incessantemente il suo sviluppo da modesto centro agricolo a importante nodo commerciale.

La prima vera grande sciagura sopravvenne con il terremoto del 62 d.C. che provocò numerosi danni e crolli.

I cittadini superstiti riuscirono ben presto a riattivare le attività commerciali e a ricostruire la citta semidistrutta.

Stavano provvedendo ad ultimare e ad ampliare i templi quando improvvisamente sopraggiunse la seconda e irreparabile sciagura: il Vesuvio, da secoli considerato un vulcano spento e quindi ricco di vigneti e di ville rustiche e di residenze sontuose, il 24 agosto (per i naturalisti il 24 novembre) del 79 d.C. si ridestò improvvisamente ed esplose con una potenza inesorabilmente distruttrice.

Un diluvio di lapilli e scorie incandescenti si riversò su Pompei.

Nel buio completo la scena apocalittica è esaltata da fulmini, terremoti e maremoti.

Crollarono mura e tetti e poi un’ondata di cenere mista ad acqua cancellò ogni forma di vita.

I pochi superstiti che cercarono scampo verso Stabia e Nocera vennero raggiunti e uccisi dai gas velenosi che si propagarono ovunque.

Questo inferno durò tre giorni e poi silenzio assoluto.

Plinio il Giovane ne diede una descrizione impressionante in una lettera indirizzata allo storico latino Tacito, scritta trent’anni dopo l’accaduto, raccontando anche la fine tragica dello zio (Plinio il Vecchio) che, trascinato dalla passione scientifica, accorse con una nave ad osservare da vicino lo spaventoso fenomeno e vi trovò la morte.

Pompei antica: la città

Pompei nasce sull’estremità di un’antica colata lavica alta 40 metri sul mare e sulla foce del fiume Sarno, allora molto più vicini alla città.

Il primo centro, prevalentemente agricolo, corrisponde all’attuale zona intorno al Foro.

Il rinnovamento e l’espansione ha inizio per mano dei Greci (e per breve periodo anche degli Etruschi) che fondano un nuovo Foro, cioè il Foro triangolare ed estendono il tracciato viario.

La massima espansione è raggiunta con i Sanniti: infatti, all’intervento dei Romani le poderose mura hanno già il loro definitivo sviluppo di tre chilometri limitanti un centro urbano di 66 ettari.

Pompei sannitica alla fine del quarto secolo è già una città considerevole, superiore alle altre vicine e all’ancor modesta Neapolis.

E' un centro destinato a superare Cuma, ma l’ingresso nella sfera politica romana rallenta ogni ulteriore espansione.

Nei 350 anni che seguono l’intervento di Roma si accentra sui lavori di sistemazione e aggiornamento: vengono creati marciapiedi (con passaggi su grosse pietre sporgenti poiché le strade sono prive di fogne); il traffico viene regolato con zone riservate ai soli pedoni (esempio: il Foro) e zone con accessi controllati (esempio: l’Anfiteatro); i bagni pubblici (terme) sono incrementati.

La città di Pompei sin dai tempi dei Sanniti era divisa in nove zone (regiones) da due arterie longitudinali (decumani) e due arterie trasversali (cardini); ogni zona o regione corrispondeva all’incirca a un quartiere con proprie feste rionali, programmi elettorali e caratteristiche economiche e commerciali.

Presso le porte cittadine e attorno al Foro sorgevano alberghi, hospitia, e ripari per gli animali, stabula; sulle vie principali abbondavano osterie, cauponae, e gli antenati dei bar, thermopolia.

Diffusissimi erano anche i lupanari dislocati in diverse parti della città.

Ogni edificio aveva la propria cisterna d'acqua alimentata dai tetti a compluvio.

Roma costruì una deviazione dell’acquedotto augusteo del Serino e l’acqua venne distribuita alle terme, alle fontane pubbliche e alle abitazioni più ricche.

Poche erano le fognature e quasi tutte serventi le latrine pubbliche; le abitazioni si servivano di singoli pozzi assorbenti.

Pompei antica aveva circa 20.000 abitanti tra cui mercanti, liberti e schiavi (di origine campana, greca, asiatica) e meno numerose famiglie patrizie (di origine sannitica o romana).

Il centro mercantile andava dilagando sempre più nella città a tal punto che le vecchie residenze si stringevano o scomparivano del tutto invase da nuovi negozi e industrie; come pure i nuovi arricchiti adattavano a ricche residenze le severe case sannitiche, spesso unendo anche due o tre vecchi alloggi.

Negli ultimi anni, con la pace augustea e il venir meno di ogni necessità difensiva, le costruzioni iniziarono a invadere e a scavalcare le possenti mura.

Pompei era governata da due reggenti, duoviri, in carica per cinque anni.

Collaboratori erano i due aediles (preposti all’igiene, ai pubblici spettacoli, al mercato e al vettovagliamento della città) e il consiglio supremo, ordo decurionum, formato da cento pompeiani eletti per meriti speciali.

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Storia degli scavi per il recupero di Pompei

I primi scavi nell'area pompeiana si ebbero a partire dal 1748, per volere di Carlo III di Borbone.

I sondaggi furono svolti da Roque Joaquà­n de Alcubierre, che, credendo di essere sulle tracce dell'antica Stabiae, riportò alla luce nei pressi della collina di Civita diverse monete ed oggetti d'epoca romana, oltre a porzioni di costruzioni, prontamente ricoperte dopo l'esplorazione.

Le esplorazioni furono ben presto abbandonate a causa degli scarsi ritrovamenti e ripresero soltanto nel 1754.

Nel 1763, grazie al rinvenimento di un'epigrafe, che parlava chiaramente della Res Publica Pompeianorum, si intuì che si trattava della antica città di Pompei.

Con Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV, e l'ingegnere Francesco La Vega, parte della città, come la zona dei teatri, il tempio di Iside, il Foro Triangolare, diverse case e necropoli vennero riportate completamente alla luce e non più seppellite, ma rimaste a vista.

Durante il dominio francese, con a capo Gioacchino Murat e la moglie Carolina, gli scavi godettero di un momento di fortuna e venne individuata la cinta muraria e riportata quasi del tutto alla luce la zona di Porta Ercolano.

Grazie alle pubblicazioni volute da Carolina, la fama di Pompei crebbe in tutta Europa, diventando tappa obbligata del Grand Tour.

Con il ritorno dei Borbone a Napoli, gli scavi vissero un periodo di stasi: se si esclude Francesco I, con Ferdinando II e Francesco II, le rovine furono usate soltanto come posto da far visitare agli ospiti di corte.

A seguito dell'unità d'Italia e soprattutto grazie a maggiori disponibilità economiche, sotto la guida di Giuseppe Fiorelli, si assistette ad una veloce ripresa delle indagini, in modo ordinato, con la prima divisione della città in regiones ed insulae.

Nel 1863 venne introdotta la tecnica dei calchi, mentre tra il 1870 ed il 1885 fu redatta la prima mappa dell'intera area pompeiana.

Durante il XX secolo, con gli archeologi Vittorio Spinazzola prima e Amedeo Maiuri dopo, furono completati la maggior parte degli scavi nei pressi di Porta Ercolano, della zona meridionale della città e di Villa dei Misteri, mentre si intrapresero importanti sessioni d'indagine lungo Via dell'Abbondanza.

A partire dagli anni Sessanta si resero necessari lavori di restauro per gli edifici esistenti, che hanno di molto rallentato nuovi scavi, anche a causa di problemi di natura economica.

Nel 1980 il sito fu gravemente danneggiato dal terremoto dell'Irpinia.

Nel periodo dal 1990 al 2010 i nuovi scavi si concentrarono nella zona della IX regio, anche se molti fondi furono dirottati sulla conservazione ed il restauro dei monumenti già scavati.

Nel 1997 l'area archeologica entrò a far parte del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

A seguito della mancanza di un piano di restauro dell'intero sito, accentuato dal crollo della Casa dei Gladiatori nel 2010, l'Unione Europea stanziò un finanziamento per la salvaguardia degli scavi.

Tuttavia, durante lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione, che presero il nome di "Grande Progetto Pompei", si verificarono altri crolli, riguardanti per lo più parti di muratura, travature dei tetti o pezzi di intonaco.