Isole della Grecia: Racconto di un viaggio in barca
Una delle esperienze piu emozionanti della mia vita, una di quelle che mentre le
stai vivendo ti fanno dire: qui ed ora , non vorrei essere in nessun altro posto.
L’esperienza in questione si riferisce ad una fantastica vacanza in
barca a vela. Il nome della barca è Dimitrios, la destinazione: le isole
della Grecia. Ma per capire il senso profondo della storia, è necessario
fare un rewind, riavvolgere il nastro e ripartire dall’inizio di questa
magica avventura. I protagonisti sono un gruppo di amici decisi a fare una
vacanza diversa, stimolante, fuori dai soliti schemi, uno di quei viaggi
che ti arricchiscono a tal punto da renderti migliore.
Gli ingredienti necessari sono sembrati essere: il mare, una barca a vela,
l’entusiasmo per desiderare di conoscere e apprendere nuove realtà e l’umiltà
che la legge del mare impone per farle profondamente proprie. E’ bastata
una cena in una calda serata di Giugno per avvicinare le anime di otto
ragazzi tese al raggiungimento del medesimo obbiettivo: navigare.
Come in tutti gruppi che si rispettino, ogni componente ha un suo ruolo,
nel nostro Sabina fece da tramite, fu lei infatti a prendere i contatti
con l’organizzazione che ci avrebbe accompagnato nel viaggio. AMISTA’:
organizzazione di charter in barca a vela. Il nome risultò altisonante,
AMISTA’, e gli operatori cordiali e competenti.
L’equipaggio, così ormai ci consideravamo, dopo aver navigato,
virtualmente, sul sito www.amista.it effettuò una rapida consultazione.
Trovato l’accordo sul periodo, prima settimana di Settembre e sul tipo
di barca, il mitico Dimitrios, partì il count-down finale che ci avrebbe
condotto direttamente alla prima tappa della nostra crociera: Lefkas,
isola ionica meridionale della Grecia nonché porto d’imbarco.
Così come Sabina si era occupata di prendere contatti con l’AMISTA’,
un’altra componente l’equipaggio, l’intraprendente Rosanna,
individuò per prima lo skipper che ci attendeva sulla banchina pronto a salpare.
L’incontro fu molto piacevole, Gianfranco si rivelò sin dall’inizio
simpatico e stimolante, avevamo tutti una gran voglia di salpare, lui per
primo. Una volta caricati i bagagli ed effettuata una rapida
perlustrazione del Dimitrios, l’adrenalina era a mille. L’interno
della barca, costituito da cinque cabine, tre bagni e dinette, ci era
sembrato immediatamente accogliente e lo sarebbe diventato ancora di piu in seguito.
Con il passare del tempo alcuni di noi, essendosi totalmente ambientati,
avendo fatta propria quella realtà, avrebbero cominciato a chiamarla
casa. Infatti quando eravamo a terra per fare rifornimenti o per cenare e
visitare le varie località, non era raro poter ascoltare frasi del tipo:
‘quando torniamo a casa…’ e la casa in questione non era Roma da cui
noi tutti eravamo partiti, bensì il Dimitrios che aveva permesso alle
nostre menti di sostituire il concetto di abitazione costituito da fredde
e immobili mura, con la possibilità di pensare ad una casa itinerante che
traducesse allo stesso tempo senso di protezione e libertà.
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Le anime erano sgombre da ogni sorta di preoccupazione che avevamo
sapientemente lasciato a terra. Faceva bene al cuore pensare di avere come
unico problema quello dell’assegnazione delle cabine. Il metodo dell’estrazione
a sorte sciolse ogni dubbio. Definita la sistemazione per la notte e
indossato il costume ci ritrovammo tutti nel pozzetto decisi a partire il
prima possibile nonostante il tempo.
Vi ricordate quale fu la caratteristica dell’estate 2002? Forse il
maltempo? Risposta esatta. Una delle stagioni estive piu piovose degli
ultimi anni. Quel giorno, il primo giorno di navigazione, ancora non
pioveva, dico ancora perché il cielo era plumbeo e non prometteva nulla di buono.
Noi da neofiti inizialmente avevamo qualche esitazione, ci domandavamo se
fosse stato il caso di salpare con quelle condizioni climatiche, e l’alta
probabilità di trovarci nel bel mezzo di un temporale e con il mare in
burrasca. Non avevamo la consapevolezza dei rischi a cui andavamo
incontro, non riuscivamo ad immaginare quali sarebbero state le nostre
reazioni, ma soprattutto a frenarci era il fatto che ignoravamo nella
maniera piu assoluta quanto potesse essere ugualmente bello ed eccitante
navigare quando il mare è un po’ nervoso, il vento gli fa il verso e le
nuvole si divertono a fare i dispetti con l’acqua.
Così consultammo il comandante, che fatte le sue valutazioni decretò che
la situazione era sotto controllo e che sarebbe spettato soltanto a noi
decidere ma che avremmo potuto correre il rischio di privarci di un’esperienza
entusiasmante. Esperienza entusiasmante? I nostri sensi erano talmente
affamati di questo tipo di cibo che nessuno di noi aveva voglia di
perdersi una simile occasione.
Nemmeno Germana che era partita da Roma con una borsetta piena di
Xamamina, cerotti e braccialetti perché memore di brevi precedenti
esperienze fatte in barca a motore, temeva di soffrire il mal di mare.
Ancora una volta tutti d’accordo decidemmo di tentare, non prima
ovviamente di esserci ‘K-way muniti’.
Ci guardavamo gli uni con gli altri e i nostri volti tradivano il sorriso
di chi sa di aver fatto la scelta giusta e per questo si sente appagato e
piu libero nello spirito.
Lo skipper data la lunga esperienza di navigazione e dotato di una
spiccata sensibilità colse immediatamente l’entusiasmo e la voglia di
fare che traspariva dai nostri occhi, così prendendo in mano la
situazione propose all’equipaggio di partecipare alle manovre.
Era quello che tutti noi speravamo ci venisse richiesto, ma per il timore,
dato che questa era la nostra prima esperienza, non osavamo domandare.
Ecco fatto, in un secondo, Ciccio, Carlo, Andrea e Danilo sono alle
postazioni suggerite da Gianfranco, mentre Lalla, Sabina e Rosanna sono
sedute nel pozzetto insieme a Germana che tenta di imparare a riavvolgere le cime.
Finalmente si parte ed insieme a noi le prime gocce dal cielo che non ci
intimidivano ne disturbavano anzi contribuivano a renderci euforici
permettendoci di scherzare uno con l’altro prendendoci in giro riguardo
gli ‘imbacuccamenti’ - modo buffo di coprirsi per combattere le
intemperie - vari. Germana, scherzando ricordava all’equipaggio come, in
quel momento chiudendo gli occhi, il mare agitato riproducesse i medesimi
scuotimenti di una giostra molto divertente del Luna- Park : il Tagatà a
dimostrazione di come aveva dimenticato ogni timore di soffrire il mal di mare.
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Fra risate, scherzi e anche una pur necessaria buona dose di
concentrazione per eseguire le manovre ordinate dal nostro skipper,
procedevamo sereni verso Vliho. Nel frattempo il cielo iniziava a
concederci una tregua, lentamente si schiariva fino ad aprirsi e
permetteva ad un timido sole di fare capolino.
Fu solo allora che Germana si ricordò di non aver per nulla sofferto,
anzi di essersi divertita e aver provato sensazioni forti che l’avevano
fatta sentire viva e vera come poche esperienze prima d’ora e avendo
potuto constatare l’inutilità dei suoi farmaci sentenziò: ‘ormai per
me la barca è solo a vela’ ,dichiarazione seguita da un fragoroso
applauso dell’equipaggio e conseguenti ringraziamenti accompagnati da un
inchino da parte di Germana.
Dunque dicevamo primo giorno di navigazione e prima destinazione: Vliho
via Nydry dove il sole splendeva caldo e potemmo godere del primo bagno al
tramonto. Il mare era straordinariamente calmo, l’acqua era calda e
tutto intorno era così quieto da trasmettere benefiche sensazioni. Fu
proprio a Vliho che a nostra insaputa, lo skipper, grazie alle conoscenze
e alle amicizie locali, strette in tanti anni di approdi nelle località
in cui si apprestava a condurci, aveva organizzato una cena con tanto di
torta e candeline per festeggiare il compleanno di Sabina.
Fu un ottimo inizio, l’occasione per sentirci piu vicini a Gianfranco,
promovendolo a pieni voti e adottandolo all’unanimità. L’equipaggio
era piu unito che mai, così brindammo in onore della festeggiata e della crociera.
Tornati in barca decidemmo di concludere la serata bevendo dell’Ouzo,
rinomato liquore greco, riparati dal tendalino del nostro pozzetto non
prima ovviamente di aver provveduto all’ascolto di ottima musica e di
aver acceso delle piccole candele allo scopo di creare un’atmosfera
suggestiva. Questo diventò il rito con il quale eravamo soliti concludere
le lunghe giornate.
Il secondo giorno ci vide navigare da Vliho a Langada fino a Sivota dove
avemmo la fortuna di provare una forte e difficilmente descrivibile
emozione. Avvistammo un branco di delfini dal quale imparammo la prima
lezione riguardo la navigazione: in barca prendere il sole va benissimo ma
lo si deve fare con un occhio chiuso ed uno aperto per non rischiare di
perdersi i meravigliosi spettacoli che la natura ci offre. Noi eravamo
ignari, era solo l’inizio, ogni giorno che seguì ci riservò nuove ed
indimenticabili sorprese.
Difatti il terzo giorno di navigazione che prevedeva il raggiungimento di
Itaca via Atoko ci permise, purtroppo di poter vedere molto da vicino una
testuggine. Purtroppo perché questi simpatici amici sono soliti nuotare
in profondità e quando capita di vederne uno in superficie non è un buon
segno. Noi eravamo dispiaciuti ma allo stesso tempo incuriositi ci
chiedevamo quante altre occasioni avremmo avuto di avvicinarci ad un
simile animale per poterlo osservare.
Quando non scendevamo a terra eravamo soliti trascorrere le serate cenando
in pozzetto in compagnia di buon cibo, buon vino, buona musica, le
immancabili candele e tante risate provocate dal nostro costante buon
umore, dalle cantate a squarciagola e qualche volta anche da giochi di
società ereditati dalla terrestre vita sociale.
Ritagliavamo anche uno spazio per decidere tutti insieme l’itinerario
del giorno successivo. Noi credevamo di poter scegliere, di essere in
grado di decidere cosa fosse meglio fare, ma non era così. Ad aprirci gli
occhi c’era fortunatamente Gianfranco che prontamente ci riportava a
quella che era la migliore delle realtà possibili. Nel senso che l’ignoranza
in materia ci faceva compiere errori clamorosi come nel caso in cui la
nostra ostinazione vinse sul buon senso e volemmo tentare l’esperienza
di dormire una notte in banchina.
Fino ad allora non lo avevamo mai fatto seguendo il consiglio di
Gianfranco che non lo riteneva entusiasmante quanto potersi svegliare al
mattino in una caletta, ma noi intestarditi e forse anche mossi da qualche
piccola ‘esigenza terrestre’, soprattutto da parete delle ragazze,
volemmo ugualmente provare.
Quanto ce ne siamo pentiti. L’odore della nafta al mattino, il rumore
del chiacchiericcio appena svegli, al quale non eravamo piu abituati, non
aveva termini di paragone con l’odore del mare portato dalla brezza
mattutina ed il silenzio di cui si poteva godere svegliandosi in una baia.
La sera del quarto giorno in cui da Itaca arrivammo ad Astakos, il nostro
skipper ci fece un’altra gradita sorpresa portandoci a cena presso una
trattoria locale ove era possibile ascoltare musica greca e volendo anche
ballare. Ovviamente non potemmo sottrarci all’invito del simpatico
proprietario che ci esortava ad unirci alle danze.Germana si accorse che
la tovaglia di carta su cui stavamo mangiando riproduceva parte degli
itinerari che avevamo percorso, così decise di prenderla come souvenir.
Ma le sue vere intenzioni erano diverse e ce ne accorgemmo il giorno
seguente quando la scoprimmo intenta a tracciare sopra quella stessa
tovaglia la rotta della nostra navigazione.
Il quinto giorno da Astakos via Dragonera raggiungemmo Pandalemonia dove
trascorremmo la notte in una baia e per sveglia mattutina usufruimmo dei
campanelli dei collari delle caprette e dei versi dei maialini selvatici.
Come descrivere la sensazione di totale fusione con l’habitat naturale e
la tenerezza suscitata da tale presenza, per altro testimoniata, dalla
miriade di foto scattate, come del resto già era avvenuto in precedenza
per i delfini, le fregate, la testuggine e gli spettacolari tramonti.
Il sesto giorno fu testimone della rivincita dell’equipaggio femminile
su quello maschile sulla rotta Castos- Mitica. Le ragazze si resero
protagoniste dell’esecuzione della miglior manovra effettuata durante
tutto l’arco della crociera.
Ovviamente i ragazzi tentarono di sminuire la prova effettuata e di
smorzare l’entusiasmo che ne conseguiva, ma il tentativo fu vano perché
il giudizio finale spettava al nostro comandante che complimentandosi ci
diede un dieci e lode per la velocità, per la tecnica e per l’affiatamento dimostrato.
Ora avevamo un motivo in piu per festeggiare, anche se il fantasma della
malinconia cominciava ad aleggiare visto che i giorni erano trascorsi
veloci, troppo veloci e la fine della crociera si avvicinava. Questa fu l’occasione
per capire come, la condivisione di esperienze così uniche, favorisca l’avvicinarsi
delle anime che solitamente si nascondono dietro l’ingannevole commercio
delle parole, adottando una falsa comunicazione che rivela la sua fittizia
natura, solo quando viene smascherata dalla profonda complicità di cui ci si scopre capaci.
Quella sera infatti non facevamo altro che scambiarci grandi pacche sulle
spalle per ricordarci a vicenda, che era pur vero che il viaggio stava per
terminare, ma che saremmo tornati con un bagaglio in più dove avremmo
riposto tutte le visioni, i rumori, i profumi e le sensazioni provate in quei giorni.
Così arrivammo al settimo ed ultimo giorno di navigazione: Kalamos-
Lefkas. A Kalamos approdammo in una baia dove è sita un’antica
chiesetta abbandonata, scenario ideale per scattare ancora delle foto e
fare l’ultimo bagno immersi in un’acqua color smeraldo.
A dir la verità questo fu uno dei bagni più lunghi, e testimoniava
proprio la voglia di non tornare più a casa. Ma l’ora di salpare
arrivò così risalimmo sul Dimitrios giurando che il prossimo anno
avremmo organizzato una crociera di due settimane, era evidente che sette
giorni ormai, per dei lupi di mare come noi, non sembravano essere piu sufficienti.
Ma l’avventura non era ancora terminata, il rientro a Lefkas ci regalò
l’ultima emozione. Il tempo che a parte il primo giorno, era stato
clemente con noi, decise di guastarsi quasi a voler riproporsi alla fine
della vacanza nello stesso modo in cui si era presentato all’inizio,
dandoci l’impressione che stesse tentando di chiudere il cerchio degli eventi che si erano susseguiti.
Questa volta però ce la mise tutta, il mare era piu che nervoso, a me
piacque pensare che fosse arrabbiato perché stavamo per abbandonarlo,
anche il vento ci soffiava in faccia la sua rabbia e le nuvole non meno
incupite versavano giù i loro lacrimoni. I ragazzi erano intenti alle
manovre e noi ragazze nonostante la pioggia e il freddo quasi ipnotizzate
da quello spettacolo della natura eravamo rimaste sedute nel pozzetto in
compagnia dei nostri pensieri.
Questo fino a quando Rosanna, interrompendo per un attimo le sue
riflessioni e sentendosi infreddolita al punto giusto, decise di scendere
in coperta svegliando anche noi altre che la seguimmo non senza provare
qualche piccolo senso di colpa nei confronti dei ragazzi che erano rimasti
alla guida della barca.
Sensi di colpa per altro inutili perché dai comodi divani della dinette
potevamo sentirli ridere. Complici furono proprio quei divani che dovevano
essere stati veramente comodi visto che ci addormentammo nonostante la
bufera in corso per risvegliarci non appena tutto fu nuovamente calmo e il sole era tornato a sorridere.
Purtroppo però eravamo giunti nuovamente a Lefkas. L’approdo fu
sottolineato dalla colonna sonora che ci aveva accompagnato durante tutta
la navigazione e che sarebbe rimasta impressa a lungo nella nostra memoria e nei nostri cuori.
Noi nove eravamo fieri, felici e uniti in un unico sentire: quello che provavamo in quel momento era gioia allo stato puro.