Sono fatte di lacrime e di sangue
e d'altro ancora. Il cuore
batte a sinistra.
LA CAPRA
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava.
Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
TRE MOMENTI
Di corsa usciti a mezzo il campo, date
prima il saluto alle tribune. Poi,
quello che nasce poi,
che all'altra parte rivolgete, a quella
che più nera si accalca, non è cosa
da dirsi, non è cosa ch'abbia un nome.
Il portiere su e giù cammina come
sentinella. Il pericolo
lontano è ancora.
Ma se in un nembo s'avvicina, oh allora
una giovane fiera si accovaccia
e all'erta spia.
Festa è nell'aria, festa in ogni via.
Se per poco, che importa?
Nessun'offesa varcava la porta,
s'incrociavano grida ch'eran razzi.
La vostra gloria, undici ragazzi,
come un fiume d'amore orna Trieste.
DOPO LA TRISTEZZA
(da Trieste e una donna, 1910-12)
Questo pane ha il sapore d'un ricordo,
mangiato in questa povera osteria,
dov'è più abbandonato e ingombro il porto.
E della birra mi godo l'amaro,
seduto del ritorno a mezza via,
in faccia ai monti annuvolati e al faro.
L'anima mia che una sua pena ha vinta,
con occhi nuovi nell'antica sera
guarda una pilota con la moglie incinta;
e un bastimento, di che il vecchio legno
luccica al sole, e con la ciminiera
lunga quanto i due alberi, è un disegno
fanciullesco, che ho fatto or son vent'anni.
E chi mi avrebbe detto la mia vita
così bella, con tanti dolci affanni,
e tanta beatitudine romita!
PROSPETTIVA
La gente in fretta dirada.
Filari
d'alberi nudi ai lati del viale,
in fondo là dove campagne sfumano,
si avvicinano - pare - in una stretta.
E v'entra un poco di quel cielo lilla
che turba e non consola.
Breve sera,
troppo, in vista, tranquilla.
Umberto Saba biografia
Umberto Saba nasce a Trieste nel 1883, muore a Gorizia nel
1957. La madre, ebrea, è abbandonata dal marito prima della nascita del figlio.
Saba conosce il
padre solo da adulto ma ne rifiuta il cognome, assumendone uno che
suonasse omaggio alla razza materna ("saba"=pane, in ebraico).
Senza avere terminato gli studi, lavora come praticante in una casa di commercio
triestina e anche come mozzo su un mercantile.
Esordisce come poeta nel 1903 con l'edizione privata de "Il mio primo libro di
poesia", ma la sua prima vera uscita sarà con Poesie (1911).
Soggiorna a Firenze ed ha rapporti con il gruppo della rivista «La
Voce». Seguono le liriche di Coi miei occhi (1912) e il saggio "Quel
che resta da fare ai poeti" che è rifiutato da «La Voce».
Dopo la guerra diviene proprietario di una libreria antiquaria che costituisce per
lui rifugio e mezzo di sostentamento.
Nel 1921 pubblica presso la sua Libreria antica e moderna il Canzoniere che
raccoglie la produzione poetica di un ventennio: la critica resta
generalmente fredda. Seguono: Preludio e canzonette (1923),
Autobiografia (1924), I prigionieri (1924), Figure e canti (1926),
Preludio e fughe (1928).
Nel 1928 la rivista «Solarià» dedica a Saba un numero unico, a testimonianza
della sua fama crescente.
Nello stesso tempo, però, peggiorano le sue condizioni psichiche.
Già da anni sofferente di nevrosi, è costretto a sottoporsi dal 1929
in poi a cure psicoanalitiche spesso intense.
Con la promulgazione delle leggi razziali è costretto a rifugiarsi prima a
Parigi poi a Firenze dove Montale e altri intellettuali antifascisti
lo proteggono. Nel frattempo sono pubblicate altre raccolte:
Parole (1934), Ultime cose (1944).
Subito dopo la guerra viene pubblicata la seconda edizione del Canzoniere (1948),
destinata a ottenere massimi e unanimi consensi. La fama non
l'aiuta, però, a vincere le crescenti crisi depressive che lo
costringono a un quasi totale isolamento.
Nel 1953 è ricoverato in una clinica romana. Nel 1956 quando muore la moglie
Lina, si stabilisce a Gorizia dove rimane fino alla morte.
Nell'ultimo decennio di vita pubblica numerose raccolte poetiche: Mediterranee
(1946), Uccelli (1950), Epigrafe (1959, tutte confluite nelle varie
edizioni del Canzoniere.
Numerosi anche i volumi di prosa: Scorciatoie e raccontini (1946); interessante anche
se auto-encomiastica interpretazione della propria poesia in Storia e
cronistoria del Canzoniere (1948); Ricordi-Racconti (1956); il
romanzo incompiuto Ernesto (1953, edito nel 1975) sensibilissima
analisi dell'educazione sessuale di un adolescente narrata in
commistione di triestino e italiano.
Il suo epistolario è apparso finora in raccolte frammentarie: Lettere a
un'amica (1966), Lettere inedite (1968), Amicizia (1976), La spada d'amore (1983).
Saba lesse molto e amò da giovane D'Annunzio, ma dopo una visita in Versilia al
"vate" la delusione fu tale da fargli rigettare l'idolo.
La poesia di Saba si caratterizza come un intreccio costante di lirismo e
racconto, di aulicità del metro e del ritmo e quotidianità del
lessico. Saba ricorre anche a un repertorio di parole e immagini
tipico della poesia lirica, al limite della banalità, ma forzandolo
in costruzioni ritmiche aspre che rifiutano ogni possibile "canto".
A questi diversi registri espressivi corrisponde una materia
autobiografica densa e angosciata.
Saba conosce le teorie freudiane e Nietzsche. Ha un profondo legame con la
tradizione mitteleuropea della cultura triestina e tutto ciò sposta
l'area di riferimento della sua poesia da quella peninsulare a una
continentale.
Con "Parole" e "Ultime cose" si apre l'ultima fase dell'opera di Saba,
caratterizzata da un classicismo meno oratorio e più conciso, capace
di approdare a toni sentenziosi racchiusi in rapide emblematiche immagini.
Nelle ultime raccolte ("Mediterranee", "Epigrafe") l'istanza narrativa e
autobiografica torna pressante ma filtrata dalla saggezza
dell'anziano, dalla disillusa, ma ancora attiva volontà di confrontarsi con l'esistenza.
Libri di Umberto Saba
Opere
Saba Umberto, cur. Stara A., 2001, Mondadori