Né più mai toccherò le sacre sponde
Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
Del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
Col suo primo sorriso, onde non tacque
Le tue limpide nubi e le tue fronde
L'inclito verso di colui che l'acque
Cantò fatali, ed il diverso esiglio
Per cui bello di fama e di sventura
Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il,canto avrai del figlio,
O materna mia terra; a noi prescrisse
Il fato illacrimata sepoltura.
v
Non son chi fui; peri di noi gran parte:
Questo che avanza è sol languore e pianti.
E secco è il mirto, e son le foglie sparte
Del lauro, speme al giovenil mio canto.
Perché dal dì ch'empia licenza e Marte
Vestivan me del lor sanguineo manto,
Cieca è la mente e guasto il core, ed arte.
L'umana strage, arte è in me fatta, e vanto.
Che se pur sorge di morir consiglio,
A mia fiera ragion chiudon le porte
Furor di gloria, e carità di figlio.
Tal di me schiavo, e d'altri, e della sorte
Conosco il meglio ed al peggior 'mi appiglio:
E so invocare e non darmi la morte.
E Meritamente, però ch'io potei
Abbandonarti, or grido alle frementi
Onde che batton l'alpi, e i pianti miei
Sperdono sordi del Tirreno i venti.
Sperai, poiché mi han tratto uomini e Dei
In lungo esilio fra spergiure genti
Dal'bel paese ove or meni sì rei,
Me sospirando, I tuoi giorni fiorenti,
Sperai che il tempo, e i duri casi, e queste
Rupi ch'io varco anelando, e le eterne
Ov'io qual fiera. dormo atre foreste,
Sarien ristoro al mio cor sanguinente;
Ahi, vóta speme! Amor fra l'ombre inferne
Seguirammi immortale, onnipotente.
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de' tuoi gentili anni caduto.
La Madre or sol suo dì tardo traendo
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse a voi le palme tendo
e sol da lunge i miei tetti saluto.
Sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch'io nel tuo porto quà¯ete.
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, almen le ossa rendete
allora al petto della madre mesta.
Libri di Ugo Foscolo |
Foscolo traduttore e poeta. Da Omero ai «Sepolcri» Bruni Arnaldo, CLUEB |
Il caso letterario dell'ipercalisse. Ugo Foscolo, le feroci
guerre di penna, l'Italia dell'età napoleonica Sacchetti Laura, Firenze Atheneum |
Lacrime d'amore. Lettere ad Antonietta Fagnani Arese Foscolo Ugo, Guanda |
Con l'incantesimo della parola. Foscolo scrittore e critico Terzoli M. Antonietta, Storia e Letteratura |
Lettere d'amore Foscolo Ugo, Newton Compton |
Foscolo: una modernità al plurale Verdenelli Marcello, Anemone Purpurea |
Prose politiche storiche (1798-1802) Foscolo Ugo, Millennium |
La letteratura nei secoli della tradizione. Dalla «Chanson de
Roland» a Foscolo Santagata Marco, Laterza |
Ultime lettere di Jacopo Ortis Foscolo Ugo, Garzanti Libri |
Il problema dell'originalità dell'Ortis foscoliano Carlini Massimo, Seneca Edizioni |
L'Arberi Pizzuti. Rifacimento in romanesco del Carme dei Sepolcri
di Ugo Foscolo Fani Vincenzo, Altica |
Il romanzo italiano da Foscolo a Svevo Palumbo Matteo, Carocci |