Oltre un Oriente splendido e oscuro
Questo saluto sia messaggero
Del tempo, capo che doppi a prora
Come su qualche antenna in basso
Tuffantesi con la caravella
Spumeggiava sempre in sollazzo
Un uccello d'un'altra novella
Che gridava monotonamente
Senza che mutasse il timone
Un inutile giacimento
Notte, gioielli e disperazione
Nel canto che il riso richiama
Del pallido Vasco de Gama.
Il sole, o lottatrice sulla sabbia assopita,
Nell'oro dei capelli un bagno languoroso
Ti scalda e ardendo incenso sulla gota nemica
Mescola con i pianti un incanto amoroso.
Quest'immobile calma e la fiamma del cielo
T'ha rattristata, o baci miei timorosi, e dici:
"Noi non saremo mai un sarcofago solo
Sotto il deserto antico e le palme felici! "
Ma la tua chioma fulva è un tiepido ruscello
Dove affondare fermi l'anima che ci assilla
E trovare quel Nulla che tu saper non puoi.
Io gusterò il belletto pianto dagli occhi tuoi:
Forse al cuor che colpisti esso donar saprà
Dell'azzurro e dei sassi l'insensibilità.
Non vengo questa sera per il tuo corpo, o bestia
Che i peccati d'un popolo accogli, né a scavare
Nei tuoi capelli impuri una triste tempesta
Sotto il tedio incurabile che versa il mio baciare:
Chiedo al tuo letto il sonno pesante, senza sogni,
Librato sotto il velo segreto dei rimorsi,
E che tu puoi gustare dopo le tue menzogne
Nere, tu che del nulla conosci più che i morti.
Poi che il Vizio, rodendomi l'antica nobiltà,
M'ha come te segnato di sua sterilità;
Ma mentre nel tuo seno di pietra abita un cuore
Che crimine o rimorso mai potrà divorare,
Io pallido, disfatto, fuggo col mio sudario,
Sgomento di morire se dormo solitario.
Signorina voi che voleste
Le mie armonie diverse
Udire rivelarsi un poco
D'improvviso e come per gioco
A me sembra che questo saggio
Tentato innanzi a un paesaggio
Sia buono solo perché smisi
Per contemplare il vostro viso
Sì questo suono esile e vano
Che con la rattrappita mano
Io esclusi all'estremo limite
Manca di mezzi se esso imita
Il vostro semplice e squillante
Riso di bimba che l'aria incanta.
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