Rammenti ancor che un brivido
Mi guizzò nello vene
Quando te, donna, udii, te, mia vainiglia,
Dirmi: ti voglio bene?
Oh non furono allor più per me solo,
Né ignudi e monchi i versi come prima.
Candide strofe mie, spiccate il volo,
Ho trovato la rima!
T'amavo! i tuoi capelli
Eran per me una bionda poesia,
Il firmamento dei tuoi occhi belli
Un'armonia,
Ed abbruciavan come nuovo olibano
I desideri profumati d'ambra
Che salivano a te, sultana splendida
Nel tuo piccolo Alhambra.
Te ne ricordi?
ubriaco di sole
M'eran l'ore fugaci
Bevendo l'onda delle tue parole,
L'aroma dei tuoi baci,
Ed, assorto nel tuo magico nimbo,
Dimenticando le cose terrene,
Ti rispondevo sempre come un bimbo:
Ti voglio bene.
Oh tu sai perché ho l'anima sì negra,
Perché sono vigliacco e perché piango,
Donna cui fece desolata ed egra
La nostalgia del fango.
Come i monelli van dei bersaglieri
Seguendo la fanfara,
Marcando il passo pettoruti e fieri,
Così a voi vanno dietro volentieri,
A voi, madonna Clara,
Birichini e orgogliosi i miei pensieri.
Siete tutta una musica d'argento,
Un sospiro di vento
Tra le piante di rosa, un'armonia
Di baci e poesia.
E dietro a voi mi trascinate, o mia
Limpida sinfonia,
In fondo al precipizio e son contento
Perché sol io vi sento.
Perché, signora, sempre me chiamate
A voltarvi la musica sul piano?
Le vostre dita bianche e affusolate,
Saltellanti sui tasti in modo strano
Da parer salamandre indiavolate,
Le ammirai da vicino e da lontano:
Sulla faccia e nel cuor porto stampate
Le morbidezze della vostra mano!
E' effetto della musica tedesca
Se la vista si annebbia, o dell'amore
Se confondo i dà¯esis coi bemolle?
Ch'io rimanga a seder non vi rincresca:
E' meno turca, udendola in panciolle,
La sonata di Bach in la minore.
Anche a voi manderò l'ultimo addio
A voi che foste la mia fata buona,
Ma del cuor riluttante si sprigiona
Perché ancor non so intendere l'oblio.
Col corpo e la coscienza sul velluto
Rompete fede al cener di Sicheo
Tutti i giorni ed io - ultimo venuto -
Credevo in Imeneo!
Oh non verrò a turbar la vostra festa
Col lugubre gridìo della cornacchia;
Troppo sapete ben coprir la macchia
Perché la gente non vi creda onesta,
E a scorno del maligno che sospetta
Vi fabbricate il pudore ufficiale.
Susanna d'Ange ha l'arte e la ricetta
Del cold-cream verginale.
Domani è Pasqua. Ridon le azalee
Nelle giovani aiuole,
Di speranza e di sole
Illuminate, ridono le idee.
L'organo canta, squilla la fanfara
Nel mio cuore risorto,
Oh benedetto il morto
Che le tavole infrange della bara!
Vivo! vivo alla luce dell'amore
Che squarciò la mia notte,
Delle funeree lotte
E' l'amor che m'ha fatto vincitore.
Come è serena questa vita mia
Tanto ieri sprezzata
Ed oggi avviluppata
Da una gloria di raggi e d'armonia!
Vasti orizzonti, splendide visioni
L'entusiasmo m'accenna,
Sgorgano dalla penna
Nuovi metri e nuovissime canzoni.
Pace a voi, miei fratelli; non v'assorda
L'urlo del baccanale?
Lassù c'è l'ideale,
Oh fratelli, oh poeti : sursum corda!
Pace, o Stecchetti; il tuo livido canto
Non sarà mai di festa?
In mezzo alla tempesta
Mai ti consola l'iride del pianto,
Del pianto che dileguasi in preghiera
E in letizia si muta?
Anche per te venuta
E' l'ora di cantar la primavera.
Risuscitato al dì, com'io lo sono,
E beato di vivere,
M'insegnerai a scrivere
I canti dell'amore e del perdono.
Libri di Remigio Zena |
Poesie grigie. Libri tre [1880] |
La bocca del lupo |
L'ultima cartuccia. Racconto |
La bocca del lupo |
In yacht da Genova a Costantinopoli. Giornale di bordo |
La bocca del lupo |