La porta è socchiusa,
dolce respiro dei tigli...
Sul tavolo, dimenticati,
un frustino ed un guanto.
Giallo cerchio del lume...
Tendo l’orecchio ai fruscii.
Perché sei andato via?
Non comprendo...
Luminoso e lieto
domani sarà il mattino.
Questa vita è stupenda,
sii dunque saggio, cuore.
Tu sei prostrato, batti
più sordo, più a rilento...
Sai, ho letto
che le anime sono immortali.
Bevo a una casa distrutta,
alla mia vita sciagurata,
a solitudini vissute in due
e bevo anche a te:
all’inganno di labbra che tradirono,
al morto gelo dei tuoi occhi,
ad un mondo crudele e rozzo,
ad un Dio che non ci ha salvato.
1934
Quando la notte attendo il suo arrivo,
la vita sembra sia appesa a un filo.
Che cosa sono onori, libertà, giovinezza
di fronte all’ospite dolce
col flauto nella mano? Ed ecco è entrata.
Levato il velo, mi guarda attentamente.
Le chiedo: “Dettasti a Dante tu
le pagine dell’Inferno?” Risponde: “Io”.
E quel cuore più non risponderà
alla mia voce, esultante e afflitto.
Tutto è finito... E il mio canto risuona
nella notte vuota, ove più tu non sei.
1956
E sul mio petto ancora vivo
piombò la parola di pietra.
Non fa nulla, vi ero pronta,
in qualche modo ne verrò a capo.
Oggi ho da fare molte cose:
occorre sino in fondo uccidere la memoria,
occorre che l’anima impietrisca,
occorre imparare di nuovo a vivere.
Se no... Oltre la finestra
l’ardente fremito dell’estate, come una festa.
Da tempo lo presentivo:
un giorno radioso e la casa deserta
Era geloso tenero appassionato,
mi amava come un sole divino,
ma perché non cantasse il passato
ha ucciso il mio uccello alburnino.
Entrando nella stanza al tramonto
-"Amami - disse - ridi, scrivi versi!"
E ho seppellito l'allegro uccello
oltre il pozzo tondo, al vecchio ontano.
Ho promesso che non avrei pianto,
ma il cuore mi è diventato di pietra
e ovunque mi sembra di udire
la sua dolce canzone.
(Autunno del 1914)
Libri di Anna Achmatova |