Biografia e vita di Giovanni Lanfranco (1582-1647)
Nato a Parma il 26 gennaio 1582,
Giovanni Lanfranco diede subito cenni di straordinaria precocità verso le arti del disegno, tanto da indurre il conte Orazio Scotti, di cui era paggio, ad affidarlo ad Agostino Carracci (1600)che, reduce da Roma, dove aveva preso parte alla decorazione della Galleria Farnese, era stato chiamato a Parma dal duca Ranuccio Farnese.
Il maestro gli affidò la decorazione con affreschi e tele riportate di un camerino detto “degli Eremiti”.
Il soggiorno romano fu molto intenso: oltre alla decorazione della Cappella Herrera in San Giacomo degli Spagnoli (1602-1607), eseguita assieme ad altri “carracceschi” sotto la direzione di Annibale, fu impegnato, accanto a
Guido Reni, nella Cappella di Sant’ Andrea (1608).
Dipinse inoltre per la chiesa di Santa Silvia in San Gregorio al Celio (1609), per quella dell’Annunziata (1610) ed assieme al compagno Sisto Badalocchio, pubblicò un volume di incisioni delle Logge di Raffaello, dedicato al comune maestro
Annibale Carracci.
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Nel 1610, poco dopo la morte di Annibale, Giovanni ritornò nell’amata
Lombardia, dove in poco più di un biennio riuscì a realizzare alcune
delle sue pitture più significative: "l’Angelo custode incatena il
demonio" per la chiesa piacentina dei Ss. Nazario e Celso (ora a
Napoli); "Gesù salvator mundi in gloria adorato da angeli e santi", per
l’altar maggiore della chiesa parmense di Ognissanti (ora nella locale pinacoteca)
Tutto ciò nonostante che il geniale e saturnino Ranuccio
Farnese - già legato allo Schedoni da un’amicizia possessiva e non
immune da qualche sospetto di morbosità - stesse facendo vivere al ducato anni drammaticamente cupi.
Come è risaputo, il dispotico duca, che non aveva esitato a reprimere
nel sangue una congiura ordita nei suoi confronti, perseguiva una
politica rigorosamente assolutistica.
Frequentatore di sedicenti maghi e veggenti, egli non esitava a vagliare attentamente anche ogni carica
ecclesiastica che veniva assegnata all’interno del suo ducato.
Tornato a Roma prima della fine del 1612, a Giovanni Lanfranco occorsero però un anno
o due per riambientarsi in una città dove
Guido Reni ed il
Domenichino dominavano la scena artistica e ricevevano importanti commissioni pubbliche.
Nel 1615 affrescò soffitti in tre stanze di palazzo Mattei, ma il suo capolavoro di quel periodo è la decorazione
della cappella Buongiovanni in Sant’Agostino (1616) dove ideò ed eseguì la prima cupola barocca, sebbene su scala relativamente ridotta, introducendo a Roma l’illusionismo del
Correggio.
Il successo di quest’opera richiamò l’attenzione del papa, che lo fece partecipare alla decorazione del
grande fregio nella Sala Regia del palazzo del Quirinale (1616-1617), insieme ad Agostino Tassi, Saraceni e altri.
Negli stessi anni eseguì molte pale d'altare, sempre per Piacenza, ma anche per città
dell’Umbria (Orvieto), del Lazio (Vallerano, Farnese, Leonessa) e delle Marche (Fermo).
Dopo il lavoro al Quirinale e soprattutto a seguito delle partenze degli artisti concorrenti, Giovanni Lanfranco
divenne l’artista moderno preferito da Paolo V, anche se
chiacchiere dell'epoca attribuirono alle manovre della bella moglie di Lanfranco il successo del pittore.
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Il nuovo papa Gregorio XV Ludovisi, durante il suo breve
pontificato (1621-1623), preferì affidare incarichi ufficiali al
Guercino e al
Domenichino.
A Giovanni Lanfranco comunque le commissioni non mancarono: nel 1621
dipinse la Cappella del Crocifisso in Santa Maria in Vallicella mentre
fra il 1625 ed il 1627 eseguì il suo capolavoro, la cupola di Sant’Andrea della Valle.
Il nuovo papa, Urbano VIII, protettore di Pietro da Cortona e di
Bernini, si
avvalse significativamente della sua opera per la basilica di San Pietro.
Nel settembre del ’28 fu scoperto il grande affresco con San
Pietro che cammina sulle acque (ora purtroppo frammentario) che gli
fruttò la nomina a Cavaliere dell’Ordine di Cristo da parte del pontefice.
Le pale per la chiesa di Santa Maria della Concezione ed i
lavori per San Pietro lo tennero occupato fino alla partenza per Napoli,
dove, chiamato dai Gesuiti, vi giunse sulla fine del ’33 o agli inizi del ’34.
A Napoli, in poco più di un decennio con foga inesauribile eseguì un’imponente
serie di affreschi nelle più importanti chiese della città, dalla cupola
del Gesù Nuovo (1634-1636) con l’annesso Oratorio dei Nobili a quella
del Tesoro di San Gennaro (1641-1643), dall’interno dei Santi Apostoli
(1638-1646) alla volta della navata maggiore di San Martino (1637-1638)
al coro dell’Annunziata (perduto)” (Novelli 1966).
Rientrato per l’ultima volta a Roma nel 1646, Giovanni Lanfranco fece in
tempo ad affrescare il catino absidale della chiesa di San Carlo ai
Catinari, quando la morte lo colse alla mezzanotte del 29 novembre 1647.