Benozzo Gozzoli, conosciuto anche come Benozzo di Lese, nacque nel villaggio di Sant’Ilario a Colombano, nell’area di Badia di Settimo intorno al 1421.
Nel 1427 il nonno e il padre di Benozzo, si trasferirono, con altri congiunti a Firenze, dove ebbe inizio la sua formazione
professionale che, se prestiamo fede alla biografia a lui dedicata dal pittore e storico aretino Giorgio Vasari, può essersi svolta sotto la
guida del domenicano fra Giovanni da Fiesole, (il Beato Angelico), insieme al quale lavora per un decennio.
come sono incerti gli esordi della carriera artistica di Benozzo, ci è sconosciuta la data in cui si iscrive alla
Corporazione dei Pittori.
Benozzo cresce dal punto di vista professionale in un’epoca fondamentale per lo sviluppo dell’arte e della storia fiorentina.
Nel 1434 Cosimo de’ Medici rientrò dall’esilio, divenendo virtualmente il signore di Firenze.
Ben presto egli intraprese la ricostruzione di
San Marco, cacciando i monaci Silvestrini e insediando al loro posto i
Domenicani di Fiesole, di cui fra Angelico faceva parte.
Fra il 1438 e il 1443 fu dato corso alla decorazione degli ambienti del convento, ed è proprio in questo grande lavoro che è possibile
vedere all’opera Benozzo accanto al maestro Beato Angelico.
Alcuni affreschi furono eseguiti in collaborazione fra i due, altri, su progetto dell’Angelico furono eseguiti direttamente dal
Gozzoli: la preghiera nell’Orto della cella 34, l’Uomo dei Dolori della cella 39,
la Crocefissione con la Vergine e i santi Cosma, Giovanni Evangelista e Pietro Martire della cella 38.
Benozzo lavora a stretto contatto con il frate di Fiesole e, questa cooperazione artistica segna notevolmente lo sviluppo della sua arte.
L’unica parentesi al di fuori di questa collaborazione è quella che gli viene offerta il 24 gennaio 1444, quando Benozius Lesis, pictor populi Sancti Frediani de Florentia firma un contratto con Lorenzo e Vittorio Ghiberti in cui si impegna a lavorare con loro, per tre anni, alla Porta orientale del Battistero di Firenze, oggi nota come Porta del Paradiso.
Il compenso fissato e il fatto che fosse pagato in fiorini d’oro indica l’alto livello professionale che aveva raggiunto; il contratto non specifica le sue mansioni, ma è probabile che egli fosse più che un semplice assistente, eseguendo forse interamente il pannello con la Storia di David.
Benozzo, il 23 maggio del 1447, è a Roma, ancora insieme all’Angelico, convocato da papa Eugenio IV che gli commissiona gli affreschi
della Cappella di San Pietro, ora perduti.
Per il nuovo papa Benozzo si impegna, fino al giugno del 1448, alla decorazione della Cappella di papa Niccolò V, detta Cappella
Niccolina, nei Palazzi Vaticani, con scene della vita dei protomartiri Stefano e Lorenzo.
Questo lavoro segna per il pittore una tappa notevole nella sua crescita culturale e professionale, tanto da permettergli altre
attività indipendenti dalla corte papale, come dimostra lo stendardo con la Madonna benedicente col Bambino, dipinto per Santa Maria
sopra Minerva, gli affreschi della Cappella Nuova nel duomo di Orvieto.
Nel 1449 Benozzo termina gli affreschi delle volte della Cappella di San Brizio nella cattedrale di Orvieto, con il tema del
Giudizio Universale, conclude il suo sodalizio con l’Angelico ed incomincia a lavorare per i Francescani nella decorazione del
monastero di San Fortunato a Montefalco.
Per alcuni anni Benozzo Gozzoli continua a lavorare in Umbria, ancora a Montefalco, nella chiesa di San Francesco (Cappella di San
Gerolamo e affreschi con Storie della vita di San Francesco nella tribuna).
Gli affreschi sono commissionati da un colto committente, teologo e predicatore “Fra’ Jacopo da Montefalco dell’ordine dei Frati Minori”.
Il tema degli affreschi di Montefalco è il leit motiv dell’ordine dei teologi Franciscus alter Christus secondo la
Legenda Maior di Bonaventura.
Nel ciclo di San Fortunato, Benozzo dimostra di essere pittore completo, aggiornato sui modelli rinascimentali toscani.
Rimangono alcune pitture murali frammentarie e la Pala per l’Altare Maggiore, raffigurante la
Madonna della cintola, oggi nei Musei Vaticani, dove l’artista manifesta la raggiunta indipendenza d’invenzione e di composizione.
Ma è con la decorazione dell’abside della chiesa gotica di San Francesco che l’artista tocca l'apice della sua fama in Umbria.
Gli affreschi, che narrano le Storie della vita di San Francesco, si sviluppano per fasce sovrapposte e lunette in una distesa ed
originale narrazione.
Nella medesima chiesa resta la decorazione murale della Cappella di San Girolamo con le Storie del santo nelle pareti laterali e un finto polittico alla parete d’altare.
Le pitture murali di San Francesco, valorizzate dall'ultimo restauro, segnarono l’affermazione personale di Benozzo il quale, oltre ad
apporre firme e date, non rinunciò ad esprimere la propria soddisfazione nell’esametro latino "QVALIS SIT PICTOR PREFATVS INSPICE LECTOR".
Gli affreschi eseguiti per l’Ordine francescano accrebbero velocemente la sua fama e nel 1453 fu chiamato dalle Clarisse di Viterbo a
dipingere le storie della Beata Rosa, della quale veniva proposta con ardore la canonizzazione.
Per immortalare la storia della sua vita le monache commissionarono a Benozzo un vasto ciclo di affreschi che ricopriva le pareti della
chiesa viterbese.
Purtroppo i dipinti furono distrutti nel 1632, quando la chiesa fu ampliata, privandoci così di una delle prove più significative per
la comprensione della sua arte.
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In questi anni il pittore non si dedica solo ai grandi cicli di affreschi; per Montefalco, oltre alle opere già ricordate dipinge una
tavola con Sant’Orsola, oggi nella National Gallery di Washington, la
Madonna dell’Umiltà col Bambino tra i Santi Francesco, Bernardino e il donatore, proveniente dalla chiesa di San Francesco e infine, 1456, la Pala della Sapienza Nuova, destinata all’omonimo Collegio perugino.
Dopo anni di assenza dalla sua città, nel maggio del 1459 Benozzo torna a Firenze, dove lo stesso anno si sposa con Maddalena, figlia
di un mercante di tessuti, con la quale vivrà almeno fino al 1495, e che gli darà nove figli, fra cui Francesco e Alessio che divennero
artisti a loro volta.
I cambiamenti nella sua vita non furono solo personali: nel luglio dello stesso anno cominciò la decorazione della cappella del Palazzo
Medici, in via Larga, con il favoloso racconto del Viaggio dei Magi, massima testimonianza dell’arte di Benozzo, interprete insuperato delle aspirazioni nobiliari della famiglia.
Il rapporto dell’artista con i Medici può aver portato, due anni dopo, alla commissione per la Pala della Purificazione, una delle ultime opere eseguite dall’artista prima di lasciare Firenze, nel 1464, per San Gimignano, ove operò per i successivi tre anni.
Il soggiorno nella cittadina segna il periodo più produttivo della sua carriera.
A Sant’Agostino egli affrescò l’unico ciclo riconosciuto della vita del Santo nel Rinascimento toscano, ed eseguì o progettò molte altre commissioni che alla sua partenza, nel 1467, avevano profondamente cambiato lo stato dell’arte della città, così come era
avvenuto in precedenza per Montefalco.
Anche in questo periodo continuò a lavorare su commissioni esterne alla città, come dimostra la tavola con il Matrimonio mistico di Santa Caterina di Terni.
Per lui stesso questi anni furono cruciali per consolidare la sua comprensione della narrazione sacra e la sua tecnica; la popolarità
raggiunta gli consentì di organizzare una bottega efficiente, fondamentale nel momento in cui si avviò ad eseguire la commissione più
ambiziosa di tutta la sua carriera: gli affreschi per il Camposanto di Pisa.
Dall’inizio di questi lavori fino al 1495 Benozzo fece di Pisa la sua residenza e il centro delle sue attività; per oltre un quarto di
secolo il maestro diresse una bottega che eseguì un grande numero di opere, pale d’altare, affreschi, tabernacoli stradali e gonfaloni, per la città e i suoi dintorni.
La sua partenza da Pisa per Firenze nel 1495 fu dettata solo da motivi politici: con la discesa dei francesi di Carlo VIII in
Italia e la cacciata dei Medici, ormai anziano e privo di protezione, vi rimase solo alcuni mesi per trasferirsi ben presto a Pistoia
dove già risiedevano i figli Francesco, suo collaboratore e Giovan Battista, magistrato.
Restano di questo ultimo periodo due importanti dipinti su tela che denunciano una interpretazione più severa della pittura sacra,
forse sollecitato dalla religiosità ardente e tragica del Savonarola, la
Deposizione dalla Croce e la Resurrezione di Lazzaro.
Benozzo Gozzoli morì a Pistoia, sembra di peste, il 4 ottobre 1497.