Biografia e vita di Alberto Giacometti (1901-1966)
Alberto Giacometti nasce il 10 ottobre del 1901 a Borgonovo in Val Bregaglia (Cantone dei Grigioni -
Svizzera) dove trascorre un'infanzia felice; il padre Giovanni, pittore a sua volta, gli facilita le prime esperienze artistiche con l'amico
pittore Cuno Amiet che lo guida tra stili e tecniche, mentre il resto della famiglia, impressionata dalla sua precoce abilità, posa per lui.
Abbandonato il liceo frequenta l'école des Beaux-Arts e l'école des Arts et Metiers a Ginevra.
Nel 1920 durante un viaggio a Venezia Alberto Giacometti resta colpito dalla pittura Italiana e, l'anno dopo, si trasferisce a Roma, per
studiare i grandi maestri del passato.
Tintoretto e
Giotto diventano i suoi maestri nella capacità di guardare le cose ingenuamente, così deciso a
recuperare quello sguardo, si rivolge l'arte primitiva e allo studio dell'antropologia.
Nel 1922 si stabilisce a Parigi per seguire i corsi dello scultore Antoine Bourdelle, sperimentando in parte il metodo
cubista.
Nel 1925 il fratello Diego lo raggiunge a Parigi e con lui apre uno studio dedicandosi prevalentemente alla scultura, ma, per vivere, progetta
mobili e oggetti d'arredo.
Dal 1927 Alberto Giacometti comincia ad esporre al Salon des Tuileries le sue sculture, ormai orientate verso il
Surrealismo.
Il suo lavoro di scultore diventa febbrile e le sue frequentazioni con artisti che, come lui, stanno esplorando le nuove prospettive per l'arte,
Miró, Arp, Masson, Calder, Breton, Aragon e
Dalà lo spingono più a fondo sulla strada del Surrealismo.
Partecipa, insieme ad e Miró, a una mostra alla Galerie Pierre Loeb ed il successo non tarda ad arrivare e Alberto Giacometti allarga la sua
sfera di amicizia a scrittori come Prévert, Aragon, Eluard, Bataille e Queneau con i quali discute di arte.
Con Breton, lavora alla rivista "Le surréalisme au Service de la Révolution".
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La sua prima personale si tiene alla Galerie Pierre Colle di Parigi, nel 1932 e realizza "Il palazzo alle 4 del mattino" (ora esposto al
MOMA di New York) una sorta di architettura fantastica e sospesa nel tempo, dove realtà e sogno si sovrappongono.
Dopo la morte del padre nel 1933 Giacometti entra in un periodo di riflessione, attratto dalla figura, si allontana gradualmente dal
surrealismo dal quale viene ufficialmente espulso nel 1935.
Lavorando sul concetto di "rassomiglianza assoluta" si concentra nello studio della
testa, partendo dallo sguardo per passare poi al disegno di figure intere.
Comincia così quella ricerca estetica che nel dopoguerra lo porterà alla realizzazione delle sculture filiformi.
Tra il 1942 e il 1945 durante la seconda guerra mondiale, Alberto Giacometti si trasferisce a Ginevra ed entra a far parte del gruppo di Skira e Balthus.
Nel 1945 espone nella galleria newyorkese di Peggy
Guggenheim, Art of This Century.
Nel 1948 torna a Parigi e riprende a dipingere e disegnare dal vero paesaggi e familiari; le sue statue si allungano e le loro membra si
stendono appropriandosi dello spazio.
Una mostra allestita a New York da Pierre Matisse consacra il suo lavoro di scultore a livello mondiale: la prefazione al catalogo è di Sartre con il
quale ha instaurato un dialogo che influenzerà spesso i lavori di entrambi.
Nel decennio degli anni Cinquanta, Giacometti espone alla Kunsthalle di Basilea con André Masson, stringe amicizia con Beckett e si avvicina
al mondo del teatro disegnando le scene per "Aspettando Godot".
Anche Genet lo scrittore, drammaturgo e poeta francese, fra i più discussi del Novecento, si interessa al suo lavoro, posa per lui e scrive
"L'atelier de Alberto Giacometti".
Non c'è grande museo che non cerchi di avere sculture in esposizione del Maestro. Hanno questa fortuna l'Arts Council Gallery di Londra, il
Guggenheim di
New York, la Kunsthalle di Berna e la Biennale di Venezia.
Alberto Giacometti muore l'11 gennaio 1966, mentre sta preparando il testo per il libro "Paris sans fin", una sequenza di 150 litografie che documentano i luoghi amati e vissuti dal grande artista.
Nel 1961 aveva vinto il Premio per la scultura Pittsburgh International, nel 1962 quello della Biennale di Venezia.
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