Trama de La Forza Del Destino di Giuseppe Verdi
Melodramma in quattro atti di
Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratto
da Don Alvàro o la Fuerza del Sino di A. Saavedra, duca di Rivas.
Prima: Pietroburgo, Teatro Imperiale,
10 Novembre 1862.
All’indomani della "Prima" l’Opera, pur suscitando vasti consensi,
fu ritenuta dalla critica troppo lunga e, malgrado il successo di
pubblico, fu contestata dai nazionalisti russi e dai filotedeschi.
Anche la "Prima" a Madrid, nel febbraio del 1863, nonostante le buone
accoglienze fu causa di polemiche: Verdi fu accusato di essersi
allontanato dal solco della sua tradizione e di avere profanato il dramma di Rivas.
Il 27 febbraio del 1869 l’opera va in scena anche alla Scala di Milano,
ma con qualche modifica apportata da Verdi con l’aiuto, questa volta, di
Antonio Ghislanzoni, versando Francesco Maria Piave in gravi condizioni di salute.
Sono oggetto di cambiamento il terzo atto, dalla sesta scena alla fine,
il quarto atto dalla quinta scena alla fine e il finale in cui Don
Alvaro non si getta più dalla rupe, ma si umilia davanti al Padre
Guardiano che lo invita a farlo anche davanti a Dio.
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Atto I
Scena I - Casa dei marchesi di Calatrava, a Siviglia.
Leonora, la figlia del
Marchese di Calatrava, riceve la buonanotte dal padre.
Rimasta sola, la giovane dà sfogo con le lacrime al suo intimo tormento: ama
Don Alvaro, un giovane di nobili
origini ma di sangue misto, con il quale ha deciso di fuggire, ma ama
anche il padre, che osteggia il suo legame sentimentale poiché lo ritiene disonorevole per il casato.
Giunge
Alvaro, tutto è pronto per la fuga e Leonora, abbandonate le incertezze, è pronta a lasciare la casa
paterna quando, all’improvviso, il marchese di Calatrava, armato, irrompe nella stanza.
Leonora si getta ai suoi piedi mentre Alvaro, proclamando l’innocenza
della giovane, si assume ogni responsabilità e offre addirittura la propria vita all’ira del marchese.
In segno di resa getta lontano da sé la pistola che, nel colpire il pavimento, lascia partire un colpo che ferisce a morte il marchese.
Alvaro, atterrito e impotente, trascina nella fuga Leonora, maledetta dal padre che spira.
Atto II
Quadro primo - Osteria del villaggio di Hornachuelos.
Sulle tracce di Leonora e di Alvaro, Don Carlo di Vargas è giunto travestito da studente all’osteria.
Fingendo allegria e semplice curiosità, chiede notizie al mulattiere sulla misteriosa persona che egli accompagna in viaggio, ma Leonora si è
accorta della presenza del fratello e si tiene nascosta.
Entra Preziosilla, una giovane zingara, che incita i presenti a lasciare la miseria del villaggio ed a cercare la
fortuna in Italia, nella guerra contro i tedeschi.
Arrivano dei pellegrini che vanno al Giubileo e tutti si inginocchiano a pregare.
Il raccoglimento è di breve durata: un fiasco di vino riporta allegria e il falso studente si rivolge di nuovo
al mulattiere, chiedendogli se la persona che accompagna è un uomo o una donna e perché non sia scesa a cenare.
Le domande alla fine stancano Trabucco, il mulattiere, che se ne va a dormire in compagnia delle sue mule.
Invitato a rivelare la sua identità, lo studente afferma di chiamarsi Pereda, di venire da
Salamanca e di essersi trovato suo malgrado coinvolto in una brutta storia.
Finge di essere un amico di Don Carlo di Vargas il cui padre è stato ucciso dall’amante della figlia.
Tutti credono alla storia tranne la zingara, che si prende gioco del finto studente, ma ormai la notte è sopraggiunta e tutti si ritirano.
Quadro secondo - All’alba, davanti al convento della Madonna degli Angeli.
Arriva Leonora, sfinita e spaventata, ma anche consolata perchè, dalle parole del fratello ha appreso che il fratello vuol ucciderla, ma
anche che l'amato, che credeva morto, è vivo ed in fuga per l'America.
Disperata, chiede ospitalità ai frati in un eremo, isolato ma vicino.
Il Padre Guardiano è inizialmente perplesso, ma Leonora lo convince e alla fine la chiesa del convento si apre
e i frati si riuniscono accogliendola.
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Atto III
Quadro primo - Italia, notte.
Don Alvaro, che vive sotto mentite spoglie, è Capitano dei Granatieri Spagnoli stanziati in Italia per la guerra ai tedeschi, ripensa alla
tragica notte in cui il suo destino è stato segnato.
Crede che Leonora sia morta e lui non sente più alcun attaccamento alla vita.
Grida di aiuto lo distolgono dai suoi cupi pensieri, accorre e salva un uomo. Questi è Don Carlo,
il fratello di Leonora, che gli si dichiara subito riconoscente offrendo il suo braccio per la causa comune, arruolandosi.
Durante la battaglia, Alvaro viene gravemente ferito e Carlo, al suo capezzale, lo esorta a resistere e gli promette come ricompensa per il
suo valore di insignirlo dell’ordine di Calatrava.
A queste parole Alvaro ha un sussulto, poi, gli affida una valigetta con le cose a lui più care e alcune lettere pregandolo di distruggerle.
Carlo pur sospettando che l’amico possa essere Alvaro, non vuole mancare
al giuramento leggendo le lettere, ma aprendo la valigetta, vede il ritratto di Leonora ed
in un attimo l’amicizia si trasforma in disprezzo e desiderio di vendetta.
Quando il chirurgo comunica che Alvaro è fuori pericolo, Carlo esulta: finalmente, potrà riscattare l’onore dei Vargas, sfidandolo a duello.
Quadro secondo - Esterno
Alvaro è ormai convalescente e Carlo lo affronta chiedendogli di battersi.
Alvaro rifiuta, si proclama innocente, appellandosi alla testimonianza di Leonora ed a suo
padre, ma, quando Carlo gli rivela che Leonora è ancora viva, lascia esplodere la sua gioia, chiedendogli di superare l'odio e permettergli di sposarla.
Carlo è però inesorabile: promette di ritrovare la sorella, ma al solo fine di punirla del suo peccato, uccidendola.
I due si battono, ma la ronda interviene e li divide; mentre Carlo è trascinato via furibondo, Alvaro decide di chiudersi in convento per tutta la vita.
Atto IV
Quadro primo - Interno del Convento di Santa Maria degli Angeli
Fra Melitone è ritornato al suo convento e distribuisce la minestra ai poveri di Hornachuelos, ma non ha pazienza.
Il Padre Guardiano gli ricorda le maniere del frate entrato da poco in convento, padre Raffaele.
Una energica scampanellata annuncia l'arrivo di un cavaliere che chiede imperiosamente di padre Raffaele.
Melitone si allontana borbottando e poco dopo appare il frate, che altri non è che Alvaro.
Ancora una volta Don Carlo lo sfida a un duello all’ultimo sangue, ma Alvaro rifiuta, per il suo amore per Leonora e per l’abito che porta.
Carlo, irremovibile, fa leva sull’orgoglio di Alvaro, chiamandolo vigliacco e schiaffeggiandolo.
Entrambi accecati dalla rabbia, si precipitano fuori dal convento per battersi.
Quadro secondo - L'eremo di Leonora
Leonora, nella quiete silenziosa dell’eremo, non ha trovato la pace
nella quale sperava, è sempre tormentata dall'immagine di Alvaro.
Qualcuno bussa alla porta, la fanciulla è titubante, ma alla fine apre.
Alvaro, stravolto e sporco di sangue le dice che suo fratello Carlo è morto.
Leonora corre dal fratello. Mentre Alvaro medita amaramente sulla forza del destino, si ode un grido di Leonora che Carlo ha colpito a morte.
Alvaro impreca e si dispera, ma Leonora gli si rivolge con serenità,
ricordandogli che c’è una terra promessa nella quale anche il loro amore potrà finalmente esistere.
Mentre Alvaro grida tutta la sua amara protesta, il padre guardiano gli si avvicina e lo esorta alla fede e alla pietà.