Trama del Rigoletto di Giuseppe Verdi
Melodramma di
Giuseppe Verdi
su libretto di Francesco Maria Piave, la cui prima venne data al Teatro La Fenice di Venezia l'11 marzo del 1851.
Per il soggetto di Rigoletto, Piave si ispirò a "Le roi s’amuse", dramma
in tre atti di Victor Hugo, andato in scena a Parigi nel novembre 1832.
Verdi, quando musicò Rigoletto, era in un periodo di grande vivacità e produttività: tra l’11 marzo 1851 e il 6 marzo 1853,
il Maestro mise in scena "Rigoletto", "Il Trovatore" e "La Traviata", che sono, con
tutta probabilità, le sue opere più popolari.
Atto I
Scena I - Festa nel Palazzo del Duca di Mantova
Il
Duca corteggia la contessa di Ceprano, ma è affascinato anche da una
fanciulla, ancora adolescente, che vede ogni domenica quando si reca, in incognito, in chiesa.
Comunque le donne sono, per lui, purché avvenenti, tutte da conquistare, (
ballata “Questa o quella, per me pari son”).
Il
gobbo Rigoletto, buffone di corte, provoca per questo il conte di Ceprano, irritando i cortigiani che
meditano di punire la sua insolenza.
Quando in scena entra il conte di Monterone, al quale il Duca ha sedotto la figlia, Rigoletto lo sbeffeggia senza pietà e M
onterone disperato esce di scena maledicendolo.
Scena II - Notte - La casa, molto appartata, di Rigoletto
Rigoletto è avvicinato da
Sparafucile, un sicario disposto a servirlo in caso di bisogno.
Nella casa vive la
figlia Gilda, custodita dalla domestica Giovanna.
Rigoletto, rimasto solo, confronta la propria arma (la lingua beffarda)
con l’arma di Sparafucile, (“Pari siam, io la lingua e tu il pugnal”),
ma si sente inquieto, la maledizione di Monterone l’ha turbato.
L’incontro tra Gilda e Rigoletto è tenerissimo, ma la giovane vorrebbe sapere chi è stata sua madre.
"Una donna simile a un angelo" risponde Rigoletto "prematuramente morta".
Dalla romanza “Deh, non parlare al misero”, nasce il duetto con Gilda “Oh, quanto dolor”.
Rigoletto raccomanda poi a Giovanna di vegliare su Gilda (“Ah, veglia o
donna questo fior”), ma proprio Giovanna, non appena Rigoletto
s’allontana, consente al Duca, che si è travestito, di entrare in casa e
di presentarsi a Gilda come Gualtier Maldé, il misero studente che la
segue in chiesa ogni domenica e di cui la fanciulla, pur senza sapere chi sia, si è innamorata.
Un duetto iniziato dal duca (“E' il sol dell’anima”) è interrotto dai
passi di un gruppo di cortigiani e poi concluso dal vivacissimo “Addio, addio, speranza ed anima”.
Rimasta sola, Gilda esprime il proprio amore per colui che crede essere uno studente (“Caro nome”).
Il gruppo dei cortigiani, che credendo Gilda l'amante di Rigoletto hanno in
progetto il suo rapimento, è sorpreso dall’arrivo di Rigoletto, che rincasa senza motivo.
Nel buio, il cortigiano Borsa fa credere a Rigoletto che egli e i suoi
compagni sono lì per rapire la moglie del conte di Ceprano, il cui palazzo si trova nelle vicinanze.
Rigoletto viene bendato, giacché tutti, gli dicono, sono mascherati, e rapiscono Gilda (“Zitti, zitti, moviamo a vendetta”).
Rigoletto, rimasto solo, si avvede della beffa: gli torna in mente la maledizione di Monterone e sviene.
Atto II
Scena I - Una sala del Palazzo del Duca
Il Duca è turbato perché, tornato di notte nella casa di Rigoletto, non
ha più trovato Gilda (“Ella mi fu rapita”) e medita di vendicarsi, ma
pensa soprattutto al dolore e al terrore di Gilda (“Parmi veder le lacrime”).
Entrano i cortigiani, e gli annunciano d’aver rapito l’amante di Rigoletto (“Scorrendo uniti remota via”).
Appreso che Gilda è stata condotta nel suo palazzo, il duca corre esultante a raggiungerla (“Possente amor mi chiama”)
Quando arriva Rigoletto alla ricerca della figlia, inveisce contro i cortigiani (“Cortigiani, vil razza dannata”.
Entra in scena raggiunto da Gilda che racconta al buffone come abbia conosciuto il duca (“Tutte le
feste al tempio”) e come da lui sia stata ingannata e ora oltraggiata.
Rigoletto cerca di confortarla ma, alla vista di Monterone che è
condotto in carcere, decide di vendicare il vecchio conte e se stesso (“Sì, vendetta, tremenda vendetta”),
mentre Gilda invoca pietà per colui che le ha fatto del male.
(pubblicita' ads A3)
Atto III
Scena I - Di notte - In riva al Mincio - Locanda di Sparafucile
Maddalena, sorella di Sparafucile, ha attirato il Duca, che in incognito la corteggia.
Lì arriva anche Rigoletto con Gilda, che indossa abiti maschili perchè si convinca che il Duca la tradisce.
Il Duca, travestito da ufficiale di cavalleria, canta un’aria sulla volubilità delle donne (“La donna è mobile”).
Al Duca si uniscono in quartetto Gilda, Maddalena e Rigoletto, che culmina nell’andante “Bella figlia dell’amore”.
Mentre Maddalena si beffa delle profferte del suo corteggiatore, Gilda ricorda con amarezza le parole d'amore che il duca le aveva rivolto.
Rigoletto la incoraggia a dimenticare e la convince ad andare a Verona perchè dimentichi il Duca.
Gilda esce di scena, Rigoletto anticipa a Sparafucile dieci scudi, promettendone altrettanti quando gli
sarà consegnato, chiuso in un sacco, il cadavere del corteggiatore di Maddalena.
Qui la scena diventa molto suggestiva, sta scoppiando un uragano, alla cui descrizione
partecipano vocalizzando a bocca chiusa le voci maschili del coro, che nell'opera ha un ruolo di rilievo.
Maddalena chiede a Sparafucile di non uccidere il bel giovane (ossia il duca), che nel frattempo si è disteso su un
letto e accenna qualche frase di “La donna è mobile” prima di addormentarsi.
Sparafucile si convince a risparmiare la vita al giovane ufficiale, ucciderà, invece, il primo viandante che chiederà
ospitalità alla locanda e ne consegnerà il corpo, chiuso in un sacco, a Rigoletto per avere il resto degli scudi promessi.
Purtroppo il primo viandante è Gilda che, spinta dall’amore per il Duca,
è tornata alla locanda pronta a morire per lui, dopo aver ascoltato quanto Sparafucile e Maddalena hanno deciso.
Gilda viene pugnalata e, quando Rigoletto aprirà, fuori dell’osteria, il sacco consegnatogli da Sparafucile, troverà il corpo dell’agonizzante figlia e, mentre il duca si allontana cantando la beffarda melodia di “La donna è mobile”, Gilda muore, dopo aver
chiesto al disperato Rigoletto il perdono per sé e per il suo seduttore.