Mauro Covacich breve biografia e contenuti dei suoi libri
Mauro Covacich è nato a Trieste nel 1965, insegnante di filosofia,
Vive a Roma, ma torna a Trieste ogni volta che può, collabora assiduamente con il Corriere della Sera, ma pubblica reportage, racconti di viaggio e storie tratte dagli eventi di cronaca anche su altre testate.
Nel 1993 ha esordito con il romanzo-inchiesta "Storie di pazzi e di normali". (Theoria) imperniato su persone all’apparenza normali che improvvisamente si trasformano in feroci omicidi.
Negli anni seguenti Covacich pubblica "Colpo di Lama" (Neri Pozza 1995), "Mal d’autobus" (Tropea 1997), "Anomalie" (Mondadori 1998, 2001), "La poetica dell’Unabomber" (Theoria 1999), "L’amore contro" (Mondadori 2001) e vari reportage scritti per "Diario della settimana", "Panorama" e varie altre riviste.
In "A perdifiato" (Mondadori 2003) Covacich ha ammesso il suo amore per la corsa: <Sono un dilettante. - dice di se - Corro per piacere.
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Non ho mai raggiunto i livelli del protagonista, né potrei. Ma la corsa è un'esperienza estremamente significativa della mia giornata.
E' la sintassi della mia vita: dà ordine e regola i tempi e i ritmi dei miei pensieri.
Nell'ultimo romanzo "Fiona" (Einaudi, 2005), Covacich racconta con il suo stile ritmato, la storia e la tragedia, di una famiglia, trascinando il lettore, come avveniva nella corsa di "A perdifiato", nel precipizio degli eventi e nei lati più oscuri della psiche dei personaggi.
I racconti di Covacich , che ha realizzato per la RAI alcuni radio documentari ed il radiodramma "Safari", sono presenti in numerose antologie della più recente narrativa italiana.
Mauro Covacich, che soffre di nostalgia per la sua città, la racconta in "Trieste sottosopra. Quindici passeggiate nella città del vento",
(Laterza, 2006), il romanzo-saggio-diario "L'amore contro" pubblicato nel 2009, nel quale lo scrittore prosegue la storia iniziata
con "A perdifiato" del 2003, proseguito con "Fiona" del 2005 in cui fa interagire i suoi personaggi fantastici con quelli della vita reale.
L'ultimo lavoro pubblicato "Prima di sparire" (2010) romanzo che parla di amori finiti mette in evidenza il fatto che sparire dalla vita di un'altra persona significa tradire prima di tutto se stessi: alla fine, anche se sei innocente, scopri di aver fatto comunque del male a un sacco di gente.
Fino al 1999 ha insegnato filosofia nei licei, ma vinto il premio internazionale, l'Abraham Woursell Prize, ha lasciato l'insegnamento.
L'Abraham Woursell Prize è una fondazione americana, il cui comitato scientifico è all'Università di Vienna, e ogni anno sceglie un giovane scrittore, da ogni parte del mondo, cui va un borsa di tre anni perché possa continuare a lavorare liberamente. E nel 1999 è stata data ad un italiano.: Mauro Covacich.
Covacich, come Hanta, protagonista di "Una solitudine troppo rumorosa" di Bohumil Hrabal intende l'arte come un insegnante di qualcosa che non si sa: "Dai libri mi aspetto di apprendere su me stesso quello che ancora non so."
"La mia scrittura è una forma di conoscenza e non di evasione. Credo fermamente nella verità, ma la verità di cui parlo è quella del testimone, con la sua verità. L'oggettività è un intento mancato in partenza. Sono testimone e imputato. E' una verità alterata e presunta. Ho poca fantasia e molta immaginazione, mi muovo su qualcosa che già esiste."
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"Puoi conoscere la fisiologia di un'idea, a volte ho un arcipelago di idee che ritornano in maniera ossessiva a cui non riesco a dare un senso.
Queste idee si incontrano nella scrittura e sono tanti pezzi della mia autobiografia.
Non parto con l'idea di una letteratura di denuncia, anche se un lettore può averne l'impressione. Pongo attenzione ai micro-dettagli della vita con una curiosità verso il presente e la critica non è il movente originario."
"Il mio lettore ideale è un lettore coraggioso, non chi legge per distrarsi o prima di addormentarsi la sera. Anche perché si addormenterebbe malissimo.
Non c'è alcuna preoccupazione verso il lettore o l'editore. Scrivo di cose di cui mi vergogno. Mi denudo, mi sventro.
Non ho l'angoscia di dover rispettare dei tempi di consegna. Non ho oceani di lettori e non sono diventato miliardario scrivendo.
Scrivo quando ho da scrivere, quando ne sento il bisogno. Passo dei lunghi periodi senza scrivere. Il resto del tempo scrivo nei miei pensieri, prendo appunti."
"Quando leggo mi piace immaginare la voce dei personaggi. A volte ho la sensazione che dietro non ci sia una voce. La tua voce non la puoi scegliere, alla fine viene. Non è lo scrittore a scegliere il proprio stile ma è la lingua a sceglierlo.
"Niente trucchi" di Carver, significa una corrispondenza tra ciò che scrivi e ciò che sei."
"Ho dei posti più congeniali per scrivere. Viaggio molto e mi piace scrivere sul treno. Quando scrivo, faccio solo quello, anche per dieci ore al giorno. Sento un'impellenza che devo ascoltare. Amo stare in compagnia. Non mi piace rimanere in solitudine, anche perché non mi sopporto."
"Della mia città mi manca molto il mare ma sono scappato da Trieste, ora abito a Roma".
"Trieste ha un lato algido e uno gaudente. Da un lato i salotti e i caffè letterari, dall'altro il divertimento e il mare".
"Trieste mi mette soggezione con il suo passato ingombrante. Fare lo scrittore a Trieste è come fare l'architetto a Venezia".