Aldo Palazzeschi breve biografia e contenuti dei suoi libri
Aldo Palazzeschi, pseudonimo di
Aldo Giurlani (Firenze 1885 - Roma 1974), poeta e narratore, visse gran parte della sua vita a Firenze, con brevi soggiorni a Venezia, Parigi e Roma, dove morì nel 1974.
Nella Firenze fine Ottocento, la vita scorreva serena per il giovane Aldo Giurlani: la passeggiata domenicale alle Cascine, le villeggiature nelle campagne fiorentine, le prime letture: "I misteri di Parigi" di Eugéne Sue e "Nanà" di Emile Zola, romanzi scandalosi e proibiti, scovati a dieci anni tra i libri del padre.
All’alba del Novecento, Aldo Palazzeschi, con in tasca il diploma di ragioniere, si trasferisce a Venezia, dove ha deciso di continuare gli studi commerciali.
Improvvisamente torna a casa, si iscrive alla Scuola di Recitazione di Firenze, frequenta il coetaneo Marino Moretti che chiama "mio dolcissimo Do", e Gabriellino D’Annunzio al quale scrive: "Firenze
è lo stagno!".
Intanto affamato di conoscenza Palazzeschi legge molto, ma in modo disordinato, debutta come attore, scrive poesie:"Il teatro fu il mio primo maestro e una vera scuola", confesserà più tardi.
A dicembre 1905 Aldo Palazzeschi esordisce con il libro di poesie "Cavalli bianchi", a cui fa seguire "Lanterna" (1907) e "Poemi" (1909).
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I versi di Palazzeschi sono versi strani, ripetitivi, ossessivi, dove l’autore non compare mai in prima persona e la critica viene presa di sorpresa da questo sconosciuto poeta simbolista le cui variazioni linguistiche tradiscono l’autodidatta.
Palazzeschi abbandona la vita randagia dei comici di professione per dedicarsi interamente alla letteratura.
Stringe rapporti con i Futuristi e scrive "Il codice di Perelà" (1911), un romanzo futurista, una favola allegorica che narra la storia di un inconsistente uomo di fumo che si annuncia come una specie di messia in terra.
Il sodalizio di Aldo Palazzeschi con i Futuristi si interrompe quando questi assumono, nei confronti della guerra, una posizione interventista e poi filofascista.
Richiamato alle armi, Aldo Palazzeschi partecipa alla prima guerra mondiale, come fante del genio ma non è mandato mai al fronte.
L'esperienza della guerra è alla base del romanzo "Due imperi... mancati" (1920).
Benché rifiuti il principio delle "parole in libertà" di Marinetti, in realtà nelle sue poesie echeggiano motivi futuristi e legati alle avanguardie dell'epoca.
Egli infatti fa un uso divertente ed ironico della parola, che scardina i moduli metrici tradizionali.
Nella Letteratura del Novecento Italiano, la sua produzione, che occupa più di un cinquantennio, è di notevole importanza sia nell'ambito della poesia con "L'incendiario", 1910, "Cuor mio", 1968, "Via delle cento stelle", 1972, che in quello della narrativa: oltre "Il codice di Perelà", i racconti di "Stampe dell'Ottocento", 1932, "Il palio dei buffi", 1937, "Il buffo integrale", 1966.
Dei romanzi "Le sorelle Materassi" del 1934, resta la sua opera più divertente e fortunata anche se i sucessivi "Roma", 1953, e "Il doge", 1967, risultano molto interessanti.
Alcune frasi famose di Aldo Palazzeschi
- Dir male del governo è tanto facile quanto è difficile governar bene
- Gli antifascisti hanno voluto dimostrare di essere della medesima lega, identica dei fascisti, anzi peggio, perché venuti dopo ci sono riusciti perfettamente
- La vita è come l'acqua, deve correre, guai se si ferma, baca
- Io, D'Annunzio non l'ho mai conosciuto, e pensare che i miei genitori avevano una villa a trecento metri dalla Capponcina. Ma a quel tempo noi non lo si amava D'Annunzio: si amava tanto da sé che non aveva bisogno del nostro amore. Noi si amava Pascoli. Ma adesso sì che lo amo. Nell'Alcyone ci sono cose bellissime, specie quelle fiorentine: Lungo l'Affrico, La sera fiesolana
- Vorrei essere amato dalle creature semplici e non discusso dai sapienti di letteratura
- Tutta questa libertà sessuale in fondo è una non libertà. Si ha quasi l'obbligo di fare le cose. La vera libertà sessuale son cose intime che ciascuno deve lavorare da sé
- Che cosa m'importa di volare come il passero o la rondine quando la mia mente rimane quella del passero o della rondine?... Dio ha dato all'uomo la fantasia; macchina senza quote, senza limite, senza confine, il cui motore non è suscettibile di avarie né le eliche devono essere mai riparate. La fantasia per arrivare dovunque, per arrivare fino a Lui senza disturbare le officine
- L'artista, come l'asceta, tutto perdona, tutto sacrifica, anche la propria persona e la propria esistenza per amore dell'arte
- Non vi è sposa fedele che almeno con gli occhi non abbia tradito il coniuge parecchie volte
- Il riso fa buon sangue, ed è il profumo della vita in un popolo civile
- Frequentaste mai persone che vivono in grande dimestichezza cogli animali? Ebbene, vi sarete certamente stupiti come (esse persone) parlando di loro (animali) usassero un linguaggio pieno di tenera umanità. Ma vi avranno stupito ancora di più quando parlando di voi o di qualche vostro simile quelle stesse persone si servirono di un frasario addirittura bestiale
- Gli uomini che prendono sul serio gli altri mi fanno compassione, quelli che prendono sul serio se stessi mi fanno sganasciare dalle risa
- il Cristianesimo è come un grande generale che avendo perduto tutte le battaglie rimane un grande generale ugualmente
- Lo zaino più pesante che spalle umane possano reggere sul loro cammino è quello di un'anima
- Le bellezze naturali mi incantano, ma la bellezza creata dall'uomo mi esalta, ragione per cui adesso io amo tanto Venezia, perché lì è soltanto l'uomo che opera, è soltanto l'uomo che ha agito, che ha creato e da una pozzanghera ha tirato fuori questo grande miracolo
- Roma, Roma, Roma, Roma: giovane e decrepita, povera e miliardaria, intima e spampanata, angusta e infinita