Riflessioni sul senso della vita
Tutti noi, prima o poi, ci siamo posti almeno una di queste domande:
ma perché siamo vivi?
cosa dovrei fare della mia vita?
abbiamo una meta da raggiungere?
si dovrebbe fare qualcosa che però non abbiamo ancora capito?
... e via dicendo.
Spesso ci diamo risposte superficiali: la vita è fatta per essere goduta e basta, lo scopo è di aiutarci l'un l'altro, la ricerca della felicità... e via dicendo.
Ma la domanda più profonda intende capire se noi dobbiamo fare qualcosa per l'Universo, cioè se abbiamo un compito che sia utile non a noi, individui o collettività, ma all'intero sistema di cui facciamo parte.
Statua dell'Amleto di Shakespeare di Lord Ronald Gower
La Scienza non ha risposte a questo riguardo.
L'opinione più ovvia è che siamo il frutto di una evoluzione che ha creato forme di vita sempre più complesse, fino ad arrivare all'Uomo, con la sua spiccata intelligenza e capacità di capire il mondo in cui viviamo e di trasformarlo pure.
Ma di obiettivi da raggiungere neanche l'ombra!
E questa è -forse- la spiegazione più logica e realistica.
Ma non è detto che sia vera.
Per esempio si potrebbe avere una missione da svolgere, ma che al momento siamo ancora troppo immaturi e incapaci per conoscerla e realizzarla e quindi per questo brancoliamo nel buio.
Difficile immaginare che questo animaletto microscopico che è l'essere umano nei confronti delle forze immense dell'Universo possa avere qualche ruolo decisivo.
Non diamoci troppe arie! E' più facile che si sia figli della casualità materiale che ha portato allo sviluppo di forme di vita tra cui anche la nostra, piuttosto che esseri intelligenti destinati a qualche missione universale!
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Siamo troppo deboli ed inoltre non abbiamo ancora neppure imparato a vivere come esseri superiori a tutti gli altri componenti della sfera animale, anche se in pratica lo saremmo.
Il nostro istinto predomina in una infinità di situazioni.
L'altruismo, la socialità, la saggezza non sono minimamente presenti nel nostro genere umano, se non in microscopiche percentuali.
La vignetta racchiude in sé l'essenza prevalente del nostro istinto, ovvero la
spinta alla riproduzione, che sembra l'unico vero motivo dell'esistenza stessa.
Poi noi andiamo oltre al semplice rapporto con finalità riproduttiva perché l'atto stesso ha in sé un premio, il piacere che se ne trae.
Quindi il nostro scopo è identico a quello di tutte le altre specie viventi: difendere la nostra vita fino ad arrivare al concepimento di nuove vite.
La Natura tende ad essere invasiva, ma ai livelli più bassi sa mostrare più saggezza dell'Uomo stesso.
Mi riferisco al fatto che non basta pensare a riprodursi, bisogna anche fare i conti con l'ambiente.
Ci sono, per esempio, dei pesci che se messi in un piccolo acquario si riproducono molto poco o arrivano persino a mangiare gli avannotti appena nati per mantenere il giusto equilibrio tra spazio e numero di vite presenti.
Proliferare di più porterebbe ad un disastro perché non ci sarebbe cibo per tutti.
Noi, dall'alto della nostra intelligenza, questa semplice regola dobbiamo ancora impararla.
Si sente solo dire con rammarico che, per esempio, in Italia le nascite sono calate molto, come fosse un difetto e non un pregio!
Ci comportiamo prevalentemente come bestie rapaci, fregandocene persino della sorte di tutte le altre forme di vita, che sfruttiamo per i nostri meschini interessi e dalle quali invece dipende la nostra sopravvivenza.
Detta così sembrerebbe che il nostro scopo sia più quello di distruggere il pianeta da cui dipendiamo e per giunta siamo già sulla buona strada per andare ad infangarne altri, di pianeti!
In conclusione non pensiamoci alla nostra ipotetica "missione", cerchiamo di vivere al meglio delle nostre risorse, con qualche opportuno sacrificio alla nostra ingordigia e cercando di aiutare i più deboli a percorrere una vita degna d'essere vissuta, eliminando tutti i più vergognosi eccessi che siamo così bravi ad accumulare inutilmente.
Non dimentichiamo che ci sono persone che onestamente o disonestamente (più spesso!) hanno accumulato capitali così grandi che la loro vita per sfruttarli dovrebbe durare qualche migliaia di anni! Senza contare che anche il fatto di lasciare le proprie ricchezze ai posteri non è loro di nessun aiuto, anzi, gli brucia la vita prima ancora di iniziarla!
La fotografia attuale del genere umano non è molto diversa da quella di cento, mille, diecimila anni fa.
Abbiamo imparato molte cose, è vero, grazie ai progressi scientifici, ma tutto il nostro sapere finisce regolarmente nelle mani di sfruttatori che ne traggono enormi benefici, senza distribuire minimamente i profitti agli sfruttati, fatti salvi i progressi scientifici nel campo della medicina, che ci consentono di superare molte malattie e di vivere più a lungo la nostra "inutile" vita.
Autore: Enrico Riccardo Spelta
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