Classificazione dei diamanti: tutto quello che devi sapere
I
diamanti sono le pietre preziose più famose al mondo.
Protagonisti di canzoni, opere letterarie e colpi da maestro per quanto riguarda i furti, possono essere classificati secondo diversi criteri.
Soprattutto quando se ne acquista uno da incastonare in un gioiello, è naturale farsi domande in merito. Se ti stai chiedendo quali siano le
caratteristiche dei diamanti da prendere in considerazione in questi casi, nelle prossime righe puoi trovare alcuni punti sui quali è fondamentale soffermarsi.
Le 4 C
Quando si parla di criteri finalizzati a inquadrare le peculiarità di un diamante, non si possono non chiamare in causa le celebri
4C, uno schema semplice e rapido per avere l’idea della purezza e della preziosità della pietra con cui si ha a che fare.
Ecco tutti i dettagli in merito:
l Carat (ossia il peso in carati)
l Colour (come è chiaro, si tratta del colore della pietra)
l Clarity (purezza)
l Cut (taglio)
Nel caso del
carato, si ha a che fare con un’unità di peso che corrisponde a
0,2 grammi. La parola deriva dal termine greco
kertion, ossia il frutto della pianta del carrubo.
Quando si ha a che fare con il
diamante, il carato esprime semplicemente il peso della pietra. Diversa è la situazione dell’oro. In questo frangente, infatti, l’unità di misura sopra citata ha il compito di indicare la percentuale di metallo prezioso puro presente nella lega.
Una cosa molto importante da sottolineare in merito alla
caratura dei diamanti riguarda il fatto che all’alzarsi della suddetta unità non sempre corrisponde un aumento del prezzo della pietra. Entrando nel vivo dei dettagli tecnici in merito, è doveroso sottolineare che il mezzo carato è invece una discriminante forte. Quando ci si trova davanti a un diamante con una caratura pari a 0,49 e uno che, invece, è pari a mezzo carato, nel secondo caso si può notare un prezzo decisamente superiore al primo (anche nell’ordine delle migliaia di euro).
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Le altre C
Cosa si può dire, invece, in merito alle
altre C? Iniziamo guardando al caso del colore. In questo caso, per classificare il diamante si parte da una scala compresa dalla D alla Z. Il meglio è il diamante contrassegnato con D, tecnicamente classificato come “bianco eccezionale superiore”. Subito dopo si trova E, “bianco eccezionale”. L’ultimo grado è quello compreso tra le lettere S e Z, un range che è stato associato dagli esperti alla dicitura “gradazioni di giallo”.
Per farsi un’idea del colore del diamante e classificarlo con la lettera giusta, si posiziona la pietra sotto una luce ad hoc, confrontando le sue caratteristiche con le cosiddette
Master Stones, pietre che vengono usate come termine di paragone.
Per quanto riguarda la purezza, rammentiamo che, quando si parla di diamanti, questo termine indica l’assenza, all’interno della pietra, di impurità. Il controllo relativo a queste ultime si concretizza ricorrendo a una lente a 10 ingrandimento.
In natura sono davvero pochi i diamanti perfettamente puri. Come ben si sa, più basso è il numero di macchie e impurità, più alto è il valore della pietra. La classificazione del
grado di purezza del diamante viene fatta tenendo conto di uno schema caratterizzato dalla presenza di 4 punti.
Il meglio in assoluto è il diamante associato alla dicitura
IF (Internally Flawless). In questo caso, si ha a che fare con l’assenza di impurità e inclusioni visibili a fronte dell’osservazione con 10 ingrandimenti. Il livello più basso, invece, è associato alla dicitura “Included”, che indica la presenza evidente di impurità a fronte dell’osservazione a 10 ingrandimenti.
Concludiamo parlando del taglio. Quando si parla di questa C, si inquadrano diversi aspetti. Per la precisione si parla della forma, del numero e della posizione delle facce della pietra preziosa.
L’alternativa più preziosa è il
Round Brilliant Cut, ossia l’intramontabile brillante. Caratterizzato da una forma conica e dalla presenza di 58 facce, è un taglio che viene chiamato in causa anche quando si ha a che fare con altre pietre preziose.
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