Ridurre le emissioni inquinanti non basterà: per contenere l'aumento delle temperature medie del nostro Pianeta a 2 gradi centigradi entro la fine del secolo, rispetto all'età preindustriale, bisognerà rimuovere moltissima anidride carbonica dall'atmosfera.
Vediamo le varie possibilità che abbiamo:
1) MANGROVIE, aree paludose salmastre e praterie sottomarine. Queste zone umide trattengono la concentrazione più alta di carbonio per unità di spazio di tutto il Pianeta, ma sono minacciate da innalzamento del livello dei mari, sovrappopolazione e utilizzo di terre a scopo agricolo. Ogni anno, se ne distruggono dai 340 mila ai 980 mila ettari, e da contenitori di carbonio, questi vegetali diventano emettitori. Eppure costituirebbero l'alternativa più economica di NET, a circa 20 dollari (17,5 euro) per ogni tonnellata di CO2 rimossa.
2) PIANTARE ALBERI. L'importante è scegliere quelli più adatti a sequestrare CO2, e farli crescere su terreni salvati dal degrado (e non su aree sottratte, per esempio, alla produzione alimentare).
Questo in parte si fa già, in diversi Paesi del mondo.
Occorrerebbe incrementare le piantagioni su larga scala (il costo è lo stesso del rimedio precedente).
1. Acero Riccio (Acer platanoides), campione degli alberi anti smog
2. Betulla verrucosa (Betula pendula)
3. Cerro (Quercus cerris)
4. Ginkgo (Ginkgo Biloba)
5. Tiglio nostrano (Tilia Plathyphyllos)
6. Bagolaro (Celtis australis)
7. Tiglio selvatico (Tilia cordata)
8. Olmo comune (Ulmus minor)
9. Frassino comune (Fraxinus excelsior)
10. Ontano nero (Alnus glutinosa)
3) SALVAGUARDARE LE FORESTE. Inutile piantare nuovi alberi se non riusciamo a proteggere quelli che abbiamo già. Anche questa attività costerebbe meno di 20 dollari a tonnellata e potrebbe avere un forte impatto sulla quantità di CO2 sequestrata. Oltre a difendere le aree verdi protette si tratterebbe, per esempio, di ripopolare i boschi colpiti da incendio, e di prolungarne la vita anche quando se ne estrae legname: per esempio, destinando il materiale raccolto in oggetti di lunga un durata, anziché in biomasse da bruciare.
4) BUONE PRATICHE AGRICOLE. Implementare alcune buone abitudini nella lavorazione dei terreni non solo può aiutare a catturare maggiori quantità di carbonio, ma aumenta la fertilità del suolo e riduce gli sprechi d'acqua. Si potrebbero piantare colture di copertura (cover crop: colture erbacee intercalari) nelle aree di terreno sgombre da coltivazioni da reddito. Le cover crop rendono il suolo più produttivo, prevengono l'erosione, tengono a bada i parassiti e, allo stesso tempo, mitigano gli impatti ambientali dell'agricoltura. Un altro accorgimento è ricorrere al biochar, un tipo di carbone vegetale che, aggiunto al terreno, aiuta ad assorbire sostanze organiche volatili.
5) UTILIZZO DELLA TECNOLOGIA BECCS. La Bio-energy with carbon capture and storage (BECCS) consiste nel coltivare piante particolarmente capaci di assorbire CO2, bruciarle per ricavare energia e catturare l'anidride carbonica della combustione in depositi geologici sotterranei permanenti. Finora questo metodo è stato scartato per la grande quantità di terreno che richiede (fino al 40% delle terre agricole globali, e in un mondo sempre più affollato...). Tuttavia, sfruttare la tecnica partendo da prodotti vegetali di scarto toglierebbe 5 miliardi di tonnellate di CO2 dall'atmosfera, un quarto di quelle che dovremmo rimuovere da qui al 2100, e a un costo inferiore ai 100 dollari per tonnellata.
Per incontrare il target degli accordi di Parigi, tuttavia, occorrerebbe sequestrare 20 miliardi di tonnellate di CO2 entro fine secolo. Le tecnologie indicate sottrarrebbero, insieme, molto meno della metà di anidride carbonica. Ce ne sono altre nominate nel report, di cui abbiamo già trattato in passato: due di queste sono la cattura diretta di CO2 con sostanze chimiche adatte allo scopo, e la mineralizzazione del carbonio, con rocce che reagiscono alla CO2 catturandola nella roccia. I primi esperimenti sono già partiti, ma rispetto a quelle esposte si tratta per ora di tecniche molto costose.
1) Ridurre i chilometri percorsi in auto: spesso le nostre automobili sono l'unico mezzo di trasporto per commissioni quotidiane, andare a lavoro o prendere i figli a scuola. Altre volte è la pigrizia che ci spinge a prendere l'auto al posto della bici, dei mezzi pubblici o… delle gambe. Oltre al risparmio economico, se noi passassimo da una media di 15.000 a 10.000 chilometri l'anno, emetteremmo una tonnellata di CO2 in meno.
2) Regolare il riscaldamento domestico: molte abitazioni - soprattutto quelle più antiche - soffrono spesso di carenze nell'isolamento termico. Gli infissi usurati spesso ci obbligano ad un utilizzo più intenso del riscaldamento, buona parte del quale viene però disperso inutilmente. Un isolamento migliore può sembrare dispendioso all'inizio, ma se visto sul lungo periodo assicura un notevole risparmio economico.
3) Limitare i voli aerei per quanto possibile: come dice il giornale inglese Guardian, i viaggi aerei rappresentano la più alta percentuale di consumo di CO2 annuale per i "frequent flyers". Un volo andata/ritorno Londra - New York rappresenta all'incirca un quarto delle emissioni annuali di anidride carbonica di una persona. Prediligiamo l'uso del treno per i viaggi: non sarà possibile andare a New York, ma per i viaggi continentali è una buona soluzione alternativa.
4) Sostituire i vecchi boiler: se boiler che avete in bagno ha più di 15 anni, probabilmente necessita di grandi quantità di energia elettrica per funzionare correttamente. Rispetto ai modelli più moderni, il risparmio di elettricità può arrivare fino ad un terzo rispetto ai boiler vecchi, con un guadagno notevole che si ripercuote sulla bolletta della luce.
5) Sostituire le vecchie lampadine con quelle a LED: le lampade alogene e i faretti che abbiamo in cucina o in bagno non sono di certo campioni di risparmio. Le nuove lampadine al LED sono decisamente più efficienti e riducono drasticamente i consumi di energia elettrica. Non solo: la loro durata media è più elevata rispetto alle lampadine tradizionali, e per la maggior parte dei modelli dovrebbe raggiungere i dieci anni.
6) Pensarci due volte prima di sostituire i nostri elettrodomestici e device elettronici con modelli nuovi: la produzione di nuovi elettrodomestici richiede una spesa ed un consumo energetico di molto superiore rispetto alla riparazione di modelli già costruiti. Una delle aziende leader nel settore della tecnologia, la Apple, ha dichiarato che l'80% del consumo di CO2 di un nuovo computer, deriva dalla fabbricazione e dalla distribuzione, e solo il 20% dall'uso quotidiano che se ne fa.
7) Comprare di meno: a volte non ci accorgiamo di comprare oggetti di uso comune che vengono abbandonati nel dimenticatoio o peggio buttati via, quando si tratta di alimentari. La produzione di un maglione di lana ha lo stesso impatto di CO2 di un mese di riscaldamento in casa nostra, una T-shirt equivale invece a due-tre giorni di energia. Se tutti comprassimo meno articoli, la produzione sarebbe minore e con essa la dispersione di energia.
8) Attenzione alla provenienza dei cibi che consumiamo: mangiare a gennaio delle ciliegie provenienti dal Cile non ha lo stesso impatto ambientale di una buona arancia di Sicilia. Molti frutti che non rispettano la stagionalità vengono spediti nei nostri supermercati mediante lunghi - e per niente economici - viaggi in aereo. Preferiamo i prodotti coltivati vicino a casa e - se proprio non possiamo rinunciare a quelli provenienti da un altro paese del mondo - cerchiamo quelli spediti via nave.
9) Investiamo nelle energie rinnovabili: sono ormai svariate le proposte di installazione di pannelli fotovoltaici per l'energia domestica. Anche se la spesa iniziale può sembrare troppo alta, ricordiamoci sempre del risparmio sul lungo periodo. Inoltre, se abitiamo in un condominio, le spese di installazione possono essere spartite tra i vari condomini con un notevole risparmio.
10) Supportiamo aziende e produttori che hanno un occhio di riguardo verso l'ambiente e processi di produzione ecosostenibili: sono sempre di più le compagnie che utilizzano esclusivamente energia rinnovabile, e anche un colosso come la multinazionale Unilever, ha dichiarato che entro il 2030 utilizzerà per i suoi impianti esclusivamente energia rinnovabile.
Autore: Enrico Riccardo Spelta
(informazioni tratte da vari siti web)
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