Una riflessione caustica e spietata sull'avanzare della vecchiaia
"Il peggio quando si invecchia è che si resta giovani” (Cocteau).
Assisti, impotente, giorno dopo giorno, alla lenta, ma irreversibile decomposizione del tuo corpo e della tua mente.
La pelle si inflaccidisce, affiorano qua e là piccole vene rossastre sul
volto e sulle gambe. La peluria si dirada nei punti maggiormente sottoposti allo sfregamento dei vestiti.
E dimentichi...
Solchi inarrestabili scavano i loro sentieri attorno agli occhi, sulla fronte, sul collo.
Piccoli punti marroni o nerastri si svegliano come da un lungo ragionato
letargo, e poco per volta si ingrossano e si allargano; cellule impazzite che denunciano l’avanzare di nuove minacce.
Lo smalto dei denti ingiallisce e poi si sfalda, lasciando una serie di
ruderi cavernosi che uno dopo l’altro andranno abbattuti.
E dimentichi...
Il passo si appesantisce, il fiato si accorcia.
La stessa scala che fino a ieri affrontavi con agilità, ora sembra inconquistabile: non puoi più contare sulla tua agilità.
Il desiderio d’amore si fa più grande della capacità d’amare, poi si assottiglia anch’esso.
E dimentichi...
Le piccole o grandi aspirazioni si trasformano una ad una in illusioni, mete sempre più irraggiungibili.
Incominci a cancellare i progetti di viaggi lontani, perché sai che non
ci andrai mai più in quei posti, poi cancelli via via anche quelli meno lontani e poi non hai più voglia di muoverti del tutto.
E dimentichi...
Non ci sono più "nuovi” incontri; la gente è sempre tutta
uguale a gente già vista e già conosciuta. Basta un’occhiata e sai
già classificare i vari individui e riconoscere i loro difetti prima ancora che si manifestino; le sorprese si estinguono.
E dimentichi...
La vita attorno a te si trasforma a ritmi incalzanti. E’ il progresso che accelera o sei tu che rallenti?
Le novità che prima ti attraevano ora ti spaventano o ti lasciano indifferente.
Le tue ossa si accorciano e la schiena s'incurva, mentre piccole stelle
nel cervello si spengono una ad una e il firmamento mentale si fa sempre più buio e vuoto.
E dimentichi...
Il lavoro che affrontavi con passione diventa una umiliante prova quotidiana delle tue incapacità. I discepoli ti superano.
Negli scontri sei sempre più spesso il perdente.
E dimentichi...
Sei un testimone disarmato dello stesso disfacimento di chi ti sta vicino:
specchio altrettanto crudele della tua stessa vecchiaia.
Le frasi si atrofizzano, la routine ti imprigiona, i cambiamenti ti spaventano.
E dimentichi...
I bambini ti infastidiscono, i giovani parlano un’altra lingua, gli
adulti ti deludono, i vecchi sono noiosi. Ti isoli e resti sempre più solo.
E dimentichi...
Avanzano le prime malattie. Parli sempre più spesso di ossa che dolgono,
di stomaco pigro, di occhi sempre più sfocati, di vene indurite e di medicine, ospedali, analisi.
Lo specchio rimbalza l’immagine di un altro. I ricordi si sgretolano,
prima i nomi, poi le immagini, poi periodi interi.
E dimentichi...
I funerali prendono il tempo una volta dedicato ai matrimoni e battesimi.
Prima gli anziani, poi i coetanei, poi - se sei fortunato- anche molti che
erano più giovani di te, o meno vecchi, per essere sinceri.
Poi è il tuo turno...
...e sarai a tua volta dimenticato.
Autore: Enrico Riccardo Spelta
(2006)