Aristotele e Phyllis
Questa storia non nasce dalla Mitologia o dalle leggende, ma da un aneddoto raccontato prima del 1300 attribuito al predicatore, storiografo e vescovo Jacques de Vitry che la raccontò durante una predica.
Forse deriva da un pettegolezzo, da una barzelletta, chissà; Aristotele era vissuto trecento anni prima di Cristo e quando apparve
l'aneddoto erano passato 1600 anni, e non da un testo conosciuto.
De Vitry raccontò che Aristotele, che era stato precettore di Alessandro il Macedone quando era ragazzo, in seguito gli rimase amico
e consigliere, tanto che Alessandro lo considerava quasi un padre.
Aristotele era un personaggio di rilievo, conosciuto come uno studioso giusto e saggio, ma era anche un maschilista convinto
(come lo erano gli ateniesi di un tempo) e considerava le donne poco più di un capo di bestiame.
Quando Alessandro ormai Re aveva sposato Phyllis, Aristotele si affrettò a rimproverarlo perchè, secondo lui, il suo antico
studente trascurava gli affari di stato per passare il tempo con la giovane moglie.
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Naturalmente Phyllis, quando seppe del rimprovero, meditò un modo per fargliela pagare e per vendicarsi, dopo aver fatto
innamorare Aristotele, gli promise che gli si sarebbe concessa solo se lui si fosse lasciato cavalcare.
Aristotele voglioso acconsentì, Phyllis raccontò ad Alessandro il tranello nel quale il suo maestro stava cadendo e fece in modo che il marito vedesse il vecchio nudo a carponi cavalcato da lei per dimostrare l'abisso fra le parole ed i fatti anche per un uomo della sua importanza.
La storiella piacque tanto e, passando da orecchi ad orecchio, subì variazioni: divertenti per essere fissata sulla carta da Henri d'Andeli, poeta francese, che la inserì nella sua opera intitolata "Lai d'Aristote" dal gusto comico-realistico che ebbe molta fortuna.
Purtroppo per lo sfortunato filosofo l'aneddoto diventò un tema iconografico popolarissimo e ironia del destino, Aristotele venne raffigurato cavalcato da uno degli esseri dei quali si era impegnato con tanta convinzione (e purtroppo con tanta fortuna) a dimostrare l' inferiorità; uno di quegli esseri che, in ragione della loro appartenenza sessuale, secondo lui non possedevano
il logos, la grande ragione, di cui solo gli uomini erano detentori.
Come l'impietosa iconografia suggerisce, questi esseri superiori, in alcune circostanze perdendone totalmente il senso della misura.
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