La cena di Emmaus
La storia è tratta da un passo del Vangelo di Luca che racconta un fatto accaduto dopo la morte in croce di Cristo; il Sepolcro è stato trovato vuoto dalle donne, la domenica mattina ed i discepoli di Gesù sono sconvolti.
Qualcuno parla di apparizioni di Gesù, tornato a manifestarsi ad alcuni di loro, (vedi l’episodio di Noli me tangere) ma l’incredulità, lo scetticismo e la paura prevalgono.
L’episodio della Cena si verifica alcuni giorni dopo, ad Emmaus, un piccolo villaggio a sole sette miglia da Gerusalemme.
Qui due tristi pellegrini, discepoli del Nazzareno, incontrano un viandante. Parlano, camminano. Gli raccontano della loro tristezza, dei fatti accaduti da poco a Gerusalemme, della loro sorpresa per il fatto che il loro maestro, Gesù, sul quale avevano posto le loro speranze per il “nuovo Regno”, sia morto in croce.
Solo più tardi, durante la cena, i due, guardando il viandante spezzare il pane, lo riconoscono dal gesto: è il loro maestro tornato uomo.
Quando lui, come era comparso, scompare, i due restano a domandarsi come abbiano potuto essere così ciechi ed ora, sedute tra gli apostoli, raccontano di aver visto Gesù vivo e di non averlo riconosciuto
Il Vangelo continua così: ” Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”.
Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma.
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Ma egli disse: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”.
Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”.
Gli offrirono una porzione di pesce arrostito, egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: “Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”.
Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme”.
L’episodio evangelico divenne uno dei temi trattati da molti pittori dal XVI secolo a cominciare dal Durer nel nel 1511, seguito dal Pontormo nel 1525 nella tela dipinta per il refettorio della Foresteria della Certosa di Firenze, ora conservata presso la Galleria degli Uffizi, seguito da Tiziano con la “Cena in Emmaus” del 1545, adesso al Museo del Louvre.
Ma la cena più famose è quella che Caravaggio dipinse nel 1606, di una semplicità, ma allo stesso tempo di una forza assolute.
Caravaggio illustra l’attimo del riconoscimento di Cristo risorto da parte dei pellegrini che lo avevano incontrato per strada ed invitato a cenare con loro, i volti dei discepoli sono in ombra, tutto si concentra su Cristo, sul suo gesto, ma grazie al sapiente uso della luce e delle espressioni del corpo, si capisce che tutto è già stato svelato e la sorpresa è grande
La meraviglia degli astanti fa sobbalzare sulla sedia quello di sinistra, reso dal pittore con eccezionale realismo, mentre quello di destra, a braccia aperte, mima la croce.
Il realismo del pittore si spinge a dipingere un cesto di frutta, in bilico sull’orlo della tavola, il vino, forse simbolo del sangue di Cristo, ed un pollo con le zampe dritte e annerite, simbolo di morte.
In piedi l’oste incuriosito la cui ombra fa da aureola al Cristo particolarmente giovane.