Ratto di Proserpina
La dea greca
Persefone, che i romani identificarono in
Proserpina, era figlia di Zeus (Giove) e di Demetra (Cerere). Nei dipinti viene rappresentata come giovane e bella ragazza, col capo incoronato dall'edera e con una fiaccola in mano.
Mentre Proserpina stava raccogliendo fiori con le amiche sulle rive del lago di Pergusa in Sicilia, come racconta un poeta romano Claudiano, il dio degli inferi Hades (Plutone), stanco del buio del suo regno, decise di uscire alla luce del sole per vedere un po' di questo mondo.
Il gigantesco e nero dio emerse su una pianura bellissima, posta a mezza costa del monte Enna, proprio dove delle ragazzine stavano raccogliendo fiori.
Quando improvvisamente la terra si aprì e dal baratro uscì un carro tirato da quattro cavalli neri come la pece le ragazzine spaventate si diedero alla fuga, ma Plutone aveva già individuato la sua preda, la bella Proserpina.
Il dio afferrò la fanciulla, la portò sul carro e sprofondò nell'abisso dal quale era venuto, mentre Ciane, un'amica di Proserpina che aveva cercato di fermare i cavalli, venne trasformata, dal dio infuriato, in una sorgente fra i papiri, fonte che che ancora oggi disseta Siracusa.
Nessuno sentì le urla e i pianti della fanciulla rapita e sua madre Demetra la cercò inutilmente nei dintorni, nella vallata, nei boschi, con la disperazione nell'anima,
ma quando si avvide che stava calando la notte si rivolse a Ecate, dea in grado di viaggiare liberamente tra il mondo degli uomini, quello degli Dei ed il regno dei Morti, che le consigliò di rivolgersi dal Sole al cui sguardo nulla può sfuggire.
Dopo un disperato vagare per nove giorni e nove notti, Demetra arrivò al palazzo del Sole che le spiegò che era stato proprio Zeus, il padre di Proserpina a permettere a Plutone di rapire la figlia.
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Come continua a raccontare Claudiano: "Dopo nove giorni e nove notti insonni di dolore, decise di rivolgersi a Giove per pregarlo di farle riavere la figlia".
All'inizio Giove prese tempo, Plutone era suo fratello, un dio suo pari nell'Olimpo; questo fece infuriare Cerere, che decise di provocare una grande siccità in tutta l'isola e, dopo la siccità, la carestia colpì la terra e gli uomini e le bestie cominciarono a morire.
Cerere era la Dea del raccolto, protettrice delle messi e del mondo agreste, ma impazzita dalla perdita della figlia non ascoltava le preghiere e le suppliche degli uomini e neppure la dea Iris che era venuta a lei con un messaggio di Giove.
Finalmente Giove, per evitare la distruzione del genere umano mandò, Mercurio (Hermes) il messaggero degli dei, da Plutone (Hades) per imporgli di restituire Proserpina alla madre.
Plutone, che nel frattempo si era innamorato ed aveva sposato Proserpina, riconoscendo a sua madre il diritto di vederla, obbedì purché poi sua moglie potesse tornare da lui.
Così, prima di lasciarla uscire Proserpina alla luce del sole, le fece mangiare alcuni chicchi di melograno, simbolo del matrimonio, poiché una antica legge del Destino stabiliva che chi avesse mangiato nella casa del marito alcuni chicchi di melograno, presto vi avrebbe fatto ritorno.
Proserpina (Persefone) tornò alla luce del sole e la madre per questo evento festeggiò ricoprendo la terra di fiori e frutta.
Zeus poi, per conciliare l'amore materno con il diritto del marito, stabilì che Proserpina avrebbe vissuto due terzi dell'anno con la madre e l'altro terzo con Plutone nell'Ade.
La storia della giovane Proserpina racchiuse il simbolo del seme: Persefone che deve scendere ogni anno nel regno sotterraneo non è che la figura del chicco di grano,
che deve essere seppellito sotto terra dove rimane appunto un terzo dell'anno, fino a primavera.
Al mito di Proserpina ed all'ira di Cerere si fa risalire l'alternanza delle stagioni: quando Persefone ritorna da sua madre, alla luce del sole il grano germoglia, ma come il seme Deve tornare d'inverno al buio della terra.
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