Autoritratti pag. 3
Autoritratti del Caravaggio
Tra i primi dipinti dell'artista
Caravaggio c'è il Bacchino malato, oggi alla galleria Borghese di Roma, dipinto fra il 1593 ed il 1594 circa, viene considerato un autoritratto eseguito nel periodo in cui fu ricoverato in ospedale per malaria.
Caravaggio, che rifiuta i soggetti e lo stile del tardo manierismo, preferisce dipinge le cose al naturale, da vero precursore del Naturalismo.
Durante gli anni vissuti a Napoli, il pittore si dipinge spesso quale protagonista dei suoi quadri che sottolineano, come in un diario, i momenti tragici della sua breve e sciagurata vita, anche perché Caravaggio non attribuirà le sue fattezze ai "vincenti", ma ai "perdenti".
Nel "Ragazzo morso da un ramarro" c'è un ammonimento riguardo le insidie (il morso dell'animale) nascoste tra i piaceri della vita.
Caravaggio, nelle scene dove appare un condannato si raffigura in esso, come in Davide e Golia, dipinto nell’anno della morte, Davide
porta in primo piano una testa da cui gocciola sangue: è la testa di Caravaggio.
Autoritratti di Sofonisba Anguissola
Nata a Cremona in una nobile famiglia, intorno al 1535, fu educata con le cinque sorelle ed il fratello nelle materie umanistiche ed artistiche.
Sotto la guida del pittore
Bernardino Campi, dal quale la pittrice eredita il sottile e aggraziato linearismo, la giovanissima Sofonisba riesce a catturare l'attenzione di
Michelangelo che ha vive lodi per il quadro della pittrice "
Il ragazzo morso da un granchio"
In uno dei primi autoritratti Sofonisba Anguissola si ritrae al cavalletto intenta a dipingere un'opera devozionale con Madonna e Bambino, attraverso il solito gioco degli specchi multipli, sulla scorta di un precedente modello iconografico della pittrice fiamminga.
In questo Autoritratto del 1560, la pittrice fa balenare dal fondo buio del quadro, il suo volto dallo sguardo deciso ed espressivo.
Tra le mani Sofonisba Anguissola tiene un libro in cui la parola "virgo" (il requisito d'illibatezza che il codice morale di allora
richiedeva alle donne prima del matrimonio), sottolinea oltre alla sua bravura, che il quadro stesso rivela, anche la sua virtù.
Alla corte dei Gonzaga Sofonisba Anguissola era entrata in contatto con la scuola del grande
Giulio Romano, erede di
Raffaello, perfezionando la sua già promettente tecnica pittorica in evoluzione verso un efficace realismo quotidiano, sia nei personaggi che nella scena che documenta come frammenti di vita nelle pose, negli sguardi e nell'abbigliamento.
Sofonisba Anguissola chiamata da re Filippo II, giunse alla corte spagnola nel 1559, dove divenne la ritrattista di corte al fianco dei pittori
Alonso Sanchez Coello e del suo maestro fiammingo
Anthonis Mor.
Come per sottolineare la raggiunta maturità del proprio estro creativo, pur riconoscendo l'autorevolezza del suo antico maestro, Sofonisba Anguissola si ritrae, con sottile ironia, mentre Bernardino Campi la ritrae nel gioco del ritratto del pittore che ritrae colei che ritrae.
Ritratto a Sofonisba Anguissola
Nel 1624 il giovane pittore
Van Dyck, all'epoca ancora agli inizi della sua grande carriera pittorica, fece visita all'artista ormai cieca per la vecchiaia in omaggio alla sua bravura.
L'ultima effigie la ritrae seduta su una poltrona. Gli appunti scritti dal pittore dicono: "Ho imparato più da questa vecchia novantenne e cieca che da tutti i pittori miei contemporanei, perché mi ha insegnato a dare le luci dall'alto; perché a darle dal basso si vedono le rughe".
La grande pittrice Sofonisba Anguissola continuò fino all'età di 96 anni ad istruire con grande lucidità i giovani pittori, inculcando loro l'idea della centralità della luce nel modellamento dei soggetti e nei diversi risultati ottenibili dall'angolatura e potenza della stessa.
Lavinia Fontana
Lavinia Fontana (1552-1614) nacque a Bologna nell'agosto del 1552 e suo padre, il pittore
Prospero Fontana fu il suo primo maestro, poi perfezionò il suo stile studiando nelle chiese le tele del
Parmigianino, di
Niccolò dell'Abate e di
Pellegrino Tibaldi.
Appassionata di pittura in un'epoca in cui anche l'arte era una libertà malvista per le donne, fra le clausole del matrimonio fece scrivere che il marito non si sarebbe opposto al suo lavoro.
Presto si guadagnò il favore delle signore delle famiglie nobili di Bologna per le quali fece molti ritratti
Proprio nella ritrattistica, nello studio delle espressioni del volto, nella rappresentazione delle caratteristiche fisionomiche, dell'abbigliamento e della gestualità, la Fontana seppe riassumere gli insegnamenti dei maestri in una reinterpretazione del tutto personale nel ritrarre personaggi caratterizzati psicologicamente dai lineamenti e coloriti del volto.
Il ritratto giovanile che ce la mostra al clavicembalo, con espressione volitiva e sicura è conservato a Roma, presso l'Accademia di San Luca.
Autoritratto di David Bailly (1584-1657)
Pittore e disegnatore olandese, figlio di un immigrato fiammingo, che era un calligrafo, Bailly è stato apprendista nel laboratorio di
Cornelius van der Voort (1576-1624), un pittore ritrattista di Amsterdam.
Nell'inverno di 1608 dopo aver raggiunto la qualifica di pittore, si trasferisce ad Amburgo da dove parte per un lungo viaggio attraverso l'Europa vino a Venezia e Roma per vedere le opere dei grandi pittori
Nel 1613 si stabilisce a Leida, dove lavora prevalentemente come ritrattista, ma producendo anche nature morte con libri, tra cui l'Autoritratto con Vanitas (1651, Leiden, Stedelijk Museum).
Autoritratto di Caterina Van Hemessen
Caterina Van Hemessen (1528-1587) è una delle prime artiste fiamminghe di cui si hanno sicuramente opere autografe.
Anch’essa, figlia di un pittore,
Jan van Hemessen, fece il suo apprendistato artistico sotto la guida del padre.
Ma nonostante il facile e precoce esordio e le promettenti prospettive professionali, Caterina depose i pennelli e accantonò i colori il giorno
del suo matrimonio con Chrètien de Morien, un'organista della Cattedrale di Anversa.
Le opere certe che restano della Van Hemessen sono sei piccoli ritratti, due dipinti religiosi, un autoritratto, dipinto all’età di vent’anni e un ritratto di Giovane donna al virginale, sempre dello stesso anno e dedicato alla sorella Cristina.
Autoritratto di Giuseppe Arcimboldo
Il padre Biagio Arcimboldo o Arcimboldi (1526 -1593)era pittore presso il Duomo di Milano.
L'origine del nome è tedesca e la storia del casato risale ai tempi di Carlo Magno, al cui seguito c'era un nobiluomo d’origine tedesca Saitfrid Arcimboldi.
Il precoce contatto di
Giuseppe Arcimboldo (1526 -1593) con l'arte e la letteratura fu favorito dall'amicizia del padre con Bernardino Luini allievo di
Leonardo da Vinci per cui ebbe l'opportunità di venire in possesso degli appunti e dei quaderni con gli schizzi di Leonardo.
Arcimboldo coltivò contatti anche con filosofi e altri scienziati dell'epoca e debuttò come pittore nel 1549 a soli 22 anni come aiutante del padre al Duomo di Milano per alcuni disegni per le vetrate.
Molti lo conoscono per le sue raffigurazioni di volti formati dagli oggetti più disparati come animali piante libri e altro, ma presso la corte dell'imperatore Ferdinando I d'Austria fu molto apprezzato e ben pagato anche per le sue invenzioni, come giostre giochi e decorazioni per le feste.
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