La traviata video dell’opera completa
La Traviata – opera lirica di Giuseppe Verdi
Il dramma lirico de La Traviata racconta la storia d’amore fra un giovane di onorata famiglia ed una cortigiana di dubbi costumi.
I pregiudizi sociali divideranno i due amanti, riuniti dalla verità e dall’amore qualche minuto prima della morte di tisi di Violetta.
Due sono i cardini del dramma: amore e morte e intorno a questi s’aggira l’ispirazione del musicista che forse non salì mai tanto in alto nell’esprimere il dolore.
La morte è già negli estenuanti accordi con cui si apre il preludio, sembra che Verdi intenda darci, col preludio dell’opera, una sintesi rapida del dramma, e vi riesce mirabilmente.
Brani celebri
atto I: Preludio
atto I: Libiamo ne’ lieti calici
atto I: Un dì, felice, eterea
atto I: Follie! Delirio vano è questo – Sempre libera
atto II: Lunge da lei – De’ miei bollenti spiriti
atto II: Pura siccome un angelo
atto II: Di Provenza il mar, il suol
atto II: Un dì quando le veneri
atto III: Teneste la promessa – Addio al passato
Trama de La Traviata di Giuseppe Verdi
di Verdi Giuseppe su libretto di Francesco Maria Piave. Prima rappresentazione a La Fenice di Venezia il 6 marzo 1853.
L’idea della Traviata viene a Giuseppe Verdi come una folgorazione, dopo le prime rappresentazioni teatrali della “Dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio, nel febbraio 1852.
Il dramma era strato ricavato, dall’autore, da un proprio romanzo autobiografico del 1848 che era stato un bestseller della letteratura scandalistica del tempo.
La scabrosità del soggetto, la parabola amorosa di Alphonsine Duplessis, una delle più celebri cortigiane parigine, morta ventitreenne appena un anno prima dell’uscita del romanzo, aveva elettrizzato Verdi, nonostante i pareri sfavorevoli dei benpensanti.
Musicalmente nella Traviata stride un poco l’utilizzo del valzer, voluttuoso e peccaminoso, ballo che stava conquistando l’Europa ai tempi di Verdi, mentre il dramma era ambientato nel secolo precedente.
Atto I
Quadro I – Salotto in casa di Violetta Valery a Parigi. Violetta ha riunito amici ed amiche per una festa, secondo il costume “godereccio” della donna, mantenuta di professione, abituata a passare le serate in modo divertente, sontuoso e senza pensieri.
Alfredo Germont partecipa per la prima volta ad una festa di Violetta, della quale è segretamente innamorato, ed è un poco disorientato nel vortice di parole e di musica.
Violetta propone un brindisi collettivo: “Libiam ne’ lieti calici”.
La festa prosegue: nel salone contiguo si aprono le danze e gli invitati accorrono, ma un accesso di tosse frena l’uscita di Violetta, che si trattiene assistita da Alfredo.
L’eco dei valzer giunge sino al proscenio, accompagnando la conversazione dei due. Alle profferte amorose di Alfredo si mescolano le battute divertite di Violetta, che gli chiarisce d’esser disposta solo all’amicizia.
Catturati nuovamente dal turbinio della festa che sta per finire, i due si danno appuntamento per il giorno dopo.
E’ ormai l’alba e Violetta, rimasta sola, medita turbata sull’effetto che le parole di Alfredo hanno avuto su di lei che teme ed allo stesso tempo spera che sia giunto il giorno del suo primo vero amore.
L’atto si chiude sulla romanza “Sempre libera degg’io /folleggiare di gioia in gioia”, che chiarisce la decisione della Traviata di continuare nella condizione di gaudente indipendenza sociale.
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Atto II
Quadro 1° – Casa di campagna presso Parigi: salotto terreno
Il sipario del Secondo Atto si apre su una casa di campagna presso Parigi, dove, contro ogni aspettativa, Alfredo vive in un tranquillo ménage di coppia, con Violetta.
La serenità conquistata ha tuttavia vita breve.
Arriva Annina, la domestica che è stata mandata a Parigi per vendere i restanti beni della sua padrona e finanziare così la nuova esistenza. Alfredo viene a conoscenza dei problemi economici dell’amata e, aperti finalmente gli occhi, dopo tre mesi di estasi amorosa, corre egli stesso a Parigi, per cercare una soluzione.
Ignara di tutto, rientra Violetta; sorride di un invito che le giunge dai vecchi amici per la sera stessa. Non è più vita per lei!
Ed ecco piombare, inatteso, il padre d’Alfredo che, in un memorabile duetto con Violetta, chiede alla donna di troncare la peccaminosa convivenza.
Il futuro genero, già sul punto di sposare la sorella di Alfredo, venuto a conoscenza dell’onta che grava sulla famiglia Germont, minaccia l’abbandono della giovane: “Pura siccome un angelo / Iddio mi die’ una figlia”.
Violetta oppone tutto il suo amore per Alfredo all’ipocrisia dei matrimoni combinati nell’alta società, ma il vecchio Germont è irremovibile nel suo cinismo: torni, finché è giovane, alla vita gaudente di prima. L’uomo è volubile e, quando la bellezza sarà svanita, anche Alfredo si rivolgerà altrove.
Violetta cede e, dato che sarebbe impossibile convincere Alfredo che l’amore è finito, dietro la promessa che dopo la sua morte egli venga informato del suo sacrificio, si accorda con suo padre sul da farsi.
Rimasta sola, Violetta comincia a scrivere la lettera d’addio per Alfredo.
Questo è il momento più commovente dell’opera: “Amami Alfredo, amami quant’io t’amo”, poi Violetta fugge verso Parigi e la lettera viene recapitata all’amato pochi minuti dopo.
Alfredo la legge e cade disperato fra le braccia del padre, rimasto nei paraggi per cogliere l’attimo più propizio alla riconquista del figlio.
Dopo la discussione fra i due, Alfredo, che non riesce a trovare una valida ragione al volta faccia di Violetta, vede sul tavolo l’invito dell’amica Flora Bervoix a una festa in casa sua a Parigi.
Di punto in bianco Alfredo si convince del tradimento di Violetta e decide che a quella festa si vendicherà dell’abbandono.
Quadro 2° – Galleria nel palazzo di Flora a Parigi
A poche ore dal fatto, la notizia della rottura fra i due amanti è già arrivata in società e l’ingresso di Alfredo alla festa viene salutato con commenti di approvazione.
Violetta entra a braccetto del nuovo amante, il barone Douphol.
Alfredo sbanca tutti al tavolo da gioco: anche il rivale, in una sfida a carte che assume inevitabilmente connotazioni ben più personali.
La tensione aumenta, ma poi, quando gli invitati sono chiamati a cena, Violetta parla con Alfredo per confermare il contenuto della sua lettera d’addio.
Il dialogo è impossibile e si traduce in un crudele scontro verbale alla fine del quale Alfredo, chiamati i presenti a raccolta, con ira crescente denuncia pubblicamente la condotta di Violetta, gettandole ai piedi una borsa di danaro in segno di pagamento per il periodo trascorso insieme.
La situazione precipita nel concertato finale, aperto dall’ingresso inatteso di Germont padre che, senza dire la verità, riprende il figlio per il comportamento indecoroso.
La scena termina con le espressioni di rimorso di Alfredo, le dolenti rimostranze di Violetta ed i moti di comprensione degli astanti.
Atto III
Quadro I – Camera da letto di Violetta
Violetta è stesa morente a letto. L’assistono Annina ed il medico, già testimone di tutti i precedenti eventi.
La sofferenza e la povertà di Violetta contrastano con il carnevale parigino, che fa giungere dalla strada i suoi canti festosi.
Unica consolazione in tanta solitudine è una lettera che Violetta ha ricevuto dal padre di Alfredo.
La lettera informa che dopo il duello con il Barone, Alfredo aveva lasciato la Francia, ma conosciuta finalmente la verità, sta ritornando per farsi perdonare dall’amata.
Violetta legge e rilegge lo scritto per l’ennesima volta, mentre le forze la stanno abbandonando.
Finalmente Alfredo arriva e corre fra le braccia di Violetta per l’immancabile duetto.
Alla riappacificazione seguono gli ottimistici progetti per il futuro.
Violetta vorrebbe uscire per correre in chiesa a ringraziare Iddio della nuova gioia, ma le forze le mancano.
Entra in scena anche Giorgio Germont e dopo i pochi istanti di apparente vigore, Violetta cade morta.
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