Biografia e vita di Mario Schifano (1934-1998)
Mario Schifano nasce in Libia (Homs) nel 1934.
Arrivato a Roma a seguito della famiglia nel dopoguerra, senza una forte
vocazione all'istruzione scolastica, lavora restaurando vasi
-apprendendo il mestiere dal padre archeologo restauratore- e disegnando
planimetrie di tombe per il Museo Etrusco di Valle Giulia.
Attività che soppianta però con l'incalzare della sua propensione al
dipingere che si manifesta al pubblico per la prima volta con
l'esposizione della personale alla Galleria Appia Antica a Roma nel
1959, con lavori circoscrivibili nella cultura informale caratterizzati
da sgocciolature, gestualità, spessore materico.
Con la mostra collettiva del 1960 alla Salita (Cinque pittori romani:
Angeli, Festa, Lo Savio, Schifano, Uncini), l'artista inaugura una
fervida stagione che durerà più di un decennio in cui sarà alla ribalta
della critica, con riconoscimento di premi tra i quali il Premio Lissone
1961 e il Premio Fiorino, La nuova Figurazione (Firenze, 1963).
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La sua pittura si dirige al monocromo espresso su carte incollate su
tela e ricoperte appunto di un solo colore molto tattile. L'opera viene
trattata come schermo sul quale compariranno lettere, segni, nuove
immagini prodotte artificialmente dalla civiltà industriale.
Seguono mostre personali e partecipazioni a collettive in spazi privati
e pubblici e in manifestazioni in Italia (Roma, La Tartaruga, 1961;
Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1966 e L'attico, 1967; Milano,
L'Ariete, 1963 e Studio Marconi, 1965; Venezia, XXXII Biennale, 1964;
San Marino, V Biennale, Oltre l'Informale, 1963 e VI Biennale, 1965; ) e
all'estero (New York, Sidney Janis Gallery, The New Realists, 1962;
Parigi, Sonnabend, 1963; Pittsburgh, Carnegie Institute, 1964; Biennale,
San Paolo del Brasile, 1965; Tokyo, National Museum of Modern Art,
1967).
Queste esposizioni evidenziano l'attività intensa di Mario Schifano, che
caratterizza questo decennio ed in cui si annovera anche un'importante
ripetuto viaggio in America (1962 e fine '63 inizio '64) dove viene a
contatto con la Pop Art, con l'opera di Kline, Dine, rimanendone affascinato.
Lavorando per fasi tematiche, questi sono gli anni dei paesaggi anemici,
tele in cui il dato naturale viene ancora descritto attraverso la
derivazione di una precedente immagine riprodotta (e non di
un'esperienza vissuta direttamente), richiamata tramite allusioni, segni particolari o dei frammenti.
Schifano s'impegna poi per una serie di famosi pezzi dedicati al
Futurismo, dove l'immagine viene sempre ripresa dai mass-media (la
fotografia del gruppo futurista a Parigi) con le figure come semplici
sagome evocate dalla memoria sotto pannelli colorati di perspex.
In Schifano l'attenzione alla tecnologia e alla riproduzione di
immagini, la dimensione contemplativa verso la città, la musica, la
pubblicità, la fotografia, si unisce al cinema con le sue
sperimentazioni cinematografiche già nella prima metà degli anni
Sessanta, con alcuni cortometraggi, un lungometraggio (Anna Carini vista
in agosto dalle Farfalle, Studio Marconi, 1967) ed una trilogia di film,
Satellite, Umano non umano, Trapianto, consunzione e morte di Franco
Brocani.
Schifano ancora una volta col suo linguaggio tra il fotografico e il
televisivo si rileva il grande artista europeo, italiano, moderno calato
nel suo tempo, con un forte "senso di contemporaneità" (che anche si
evince per la scelta di materiali di produzione industriale, i colori a
smalto, le vernici alla nitro).
I primi anni Settanta si aprono con la serie di tele emulsionate dove
immagini televisive vengono estrapolate e ivi riportate e sottoposte a
interventi di colore alla nitro da assurgere ad altro valore, non più effimero.
Negli anni Settanta ed Ottanta la sua opera si è applicata, in maniera crescente al soggetto dell’arte e degli artisti, utilizzando fotografie di “icone” storiche come quelle di de Chirico, Henri Matisse, Leonardo da Vinci, Paul Cèzanne e il gruppo dei futuristi.
Questa tendenza può essere fatta risalire al suo dipinto
Futurismo rivisitato
(1966), in cui il titolo è tracciato sopra la famosa foto dei futuristi presa in occasione della loro esposizione del 1912 a Parigi.
Immagini della sua Musa ausiliaria (la televisione) con interventi
pittorici e fotografie ritoccate a mano saranno successivamente
omaggiate protagoniste di una mostra itinerante in Brasile (Fundacao
Memorial da America Latina, 1996), a Buenos Aires (Museo Nacional de
Bellas Artes, 1997), all'Avana (Fondazione Wilfredo Lam, 1998) e a Città
del Messico (Museo de Arte Carillo Gil, 1998).
Riguardo l'impegno delle presenze in personali e collettive soprattutto
in Italia (Roma, Studio Soligo, 1970, Palazzo delle Esposizioni, X
Quadriennale; Parcheggio di Villa Borghese, Contemporanea, 1973, curata
da Achille Bonito Oliva; Parma, La Steccata, 1973 e Università degli
Studi, 1974; Napoli, Lia Rumma, 1973; Bologna, Galleria Nazionale di
Arte Moderna, 1976; Venezia, XXXVIII Biennale, 1978; Ferrara, Palazzo
dei Diamanti, 1979) prosegue, seppur meno proficuo, proprio per quelle
crisi esistenziali di cui l'artista è preda dalla fine degli anni
Sessanta fino a pensare quasi di ritirarsi dalla pratica del
dipingere, fino a siglare i due decenni a venire.
Dopo questi anni di tormento, in cui Schifano si propone con opere che
oltre a ripensare i grandi artisti delle avanguardie storiche, da
Magritte a de Chirico, Boccioni, Picabia, Cézanne, riproducono la sua
stessa produzione (quella degli anni Sessanta), l'artista, quasi al
volgere del nuovo decennio, ritorna in maniera operativa agli strumenti
propri della pittura (piena di gestualità) e del disegno. L'unica
materia è il colore -il piacere cromatico- sulla superficie bidimensionale del quadro.
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L'attenzione della critica fa sì che la presenza in importanti
esposizioni non solo in patria (Roma, Palazzo delle Esposizioni, Arte e
Critica, 1980; Venezia, XL Biennale, 1982 e XLI, 1984; Ferrara,
Padiglione d'Arte Contemporanea, 1989; Milano, Palazzo della Triennale,
1995; Verona, Palazzo Forti, 1997) ma di nuovo anche, e soprattutto
negli anni Novanta, all'estero (Parigi, Centre Pompidou, Identité
italienne, 1981; San Francisco, Museo Italo Americano, 1985; Oporto,
Museo di Arte Contemporanea, 1986; Francoforte, Kunstverein, 1987;
Londra, Royal Academy, 1989; Bruxelles, Palais des Beaux Arts, 1989; New
York, Solomon Guggenheim, 1994; Beijing, International Exhibition Center, 1997) sia fervida.
Tra queste esposizioni, per l'attenzione al mondo preistorico, al
fenomeno naturalistico -sempre riprodotto filtrato dalla memoria- che
caratterizza l'attuale ricerca di Schifano, si evidenziano quelle a
Venezia (Palazzo delle Prigioni Vecchie, Naturale sconosciuto, 1984),
Aosta (Tour Fromage, 1988), Parigi (Galerie Maeght, 1988), Saint Priest (Centre d'Art Contemporain, 1992).
Nel 1997 viene insignito del Premio San Giorgio di Donatello per le
vetrate policrome della cripta di Santa Croce a Firenze, per il settimo centenario della costruzione.
Due anni dopo Venezia alla Biennale rende Omaggio a Schifano, morto il 26 gennaio 1998, stroncato da una vita fatta di eccessi e sregolatezza
in un ospedale romano.
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