Biografia e vita di Gregorio Sciltian (1900-1985)
Gregorio Sciltian, pittore italiano, nasce a Nachičevan', presso Rostov-na-Donu (Armenia), il 20 agosto 1900.
Appartenente da una famiglia benestante, il padre avvocato e la madre discendente di una ricca famiglia di industriali armeni, dopo aver
terminato il liceo, si trasferisce a Mosca, dove continua gli studi classici al ginnasio Adolfi e inizia a dedicarsi allo studio delle arti
figurative.
Tornato a Rostov, espone le sue prime opere, di carattere cubo-futurista in mostre collettive, ma nel 1919 lascia il paese natale, spaventato dalla Rivoluzione d'Ottobre, trasferendosi prima a Costantinopoli poi a Vienna, e Parigi.
A Berlino nel 1923 sposa Elena Boberman e, dopo il viaggio di nozze a Monaco, prosegue, inizialmente da solo, verso l'Italia, la sua "terra promessa", dove visita Napoli, Firenze e la Liguria, per stabilirsi con la moglie a Roma dove espone la prima volta alla Galleria d'Arte Bragaglia, presentato da Roberto Longhi.
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A Roma Sciltian conosce diversi intellettuali italiani e alla Casa d'Arte Bragaglia vari pittori compreso Antonio Baldini, Antonio Donghi e
Giuseppe Capogrossi, mentre a casa del pittore Nino Bertoletti incontra
Giorgio De Chirico, con cui stringe subito amicizia.
Del periodo romano il pittore stesso scrive: "Nel 1924 la vita romana continuava a essere una bella,
saporosa, tradizionale vita seicentesca. A portata di mano intorno a me erano Galleria opere d'arte dei grandi maestri che mi insegnavano a guardare la
natura, ad apprezzare la vita pittoresca e affascinante che pulsava intorno a me.
In Piazza Capo di Ferro, accanto alla Piazza Farnese, c'era la Pinacoteca di Palazzo Spada piena di quadri caravaggeschi, ed ogni mattina,
prima di iniziare i miei lavori, facevo un giretto rapido nelle sale.
A due passi era la chiesa di San Luigi dei Francesi ed accanto la chiesa di Sant'Agostino, con quadri del Caravaggio, quadri del
Valentin, di Bartolomeo Veneto, di Holbein e raccolte di meravigliosi disegni. Non passava giorno che io non facessi visita ai miei Maestri, e dopo correvo pieno di fervore nel mio studio, al mio cavalletto ed alla mia tavolozza".
Dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1926, dove espone l'ammiratissimo dipinto "
Biondo corsaro", si trasferisce a Parigi per qualche anno, dipingendo soprattutto nature morte, figure di popolani e soggetti di vita quotidiana che risentono del
Realismo Seicentesco,
aspirando a riprodurre, con precisione fotografica, "l'illusione della realtà", dopo aver superato un breve periodo cubista.
Dal 1927 al 1932 vive con la moglie a Parigi, dove aveva già esposto in diversi Salons parigini, ma il successo internazionale arriva nel 1928 con la partecipazione all'Exposition de l'Art Russe al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, cui seguono varie mostre personali in gallerie parigine e belghe e vende al Museo Reale di Bruxelles il dipinto "Marinette".
Ma Gregorio Sciltian non sopporta l'ambiente artistico parigino dell'epoca, mosso e influenzato dalle varie avanguardie moderne; questa insofferenza e l'insuccesso della sua personale alla Galleria Van Leer nel 1933, lo convincono a tornare in Italia dove trova una residenza stabile a Milano.
Durante il secondo soggiorno italiano, il pittore riprende a frequentare i fratelli De Chirico che lo introducono nell'ambiente di facoltosi acquirenti d'arte che gli commissionano numerosi lavori, soprattutto nature morte, poi esposte alla Galleria Gian Ferrari di Milano nel 1939.
Caffè Cova di via Verdi a Milano ritrova Mario Broglio, il fondatore di "Valori Plastici",
Achille
Funi, Gino Severini,
Mario Tozzi, Umberto Brunelleschi,
Carlo Carrà e
Mario Sironi.
Alla Triennale di Milano del 1940 Gregorio Sciltian vince una medaglia d'oro con un trompe l'oeil intitolato "Il mobile dipinto" e nel 1942 espone diverse opere alla Biennale di Venezia.
Durante la guerra il pittore si rifugia con la moglie a Villa Lilli (dal nome con cui Elena viene chiamata dagli amici), in una frazione di Gardone Riviera, sul Lago di Garda, dove in seguito trascorrerà le sue estati.
Nel 1947 torna a vivere a Milano e, allo scopo di promuovere un'arte legata alla tradizione figurativa, fonda, con
Pietro Annigoni,
Antonio Bueno, Xavier Bueno, Alfredo Serri, Giovanni Acci, Carlo Guarienti, il movimento “Pittori moderni della realtà” e per contrastare il nascere varie correnti informali ed astratte, partecipando attivamente alla vita del gruppo, esponendo in più occasioni nella seconda metà degli anni Quaranta.
Gregorio Sciltian, accanto al lavoro di pittore svolge l'attività di illustratore e realizza alcune scenografie per Guerra e Pace di Sergej Prokof'ev per il "Maggio musicale" di Firenze nel 1953 e per il Teatro alla Scala di Milano.
Mavra di Igor' Stravinskij (1954), Il Campanello dello speziale di Gaetano Donizetti (1957) alla Piccola Scala, come Abu Hassan di Carl Maria Weber e La guerra in famiglia di Franz Schubert nel 1958, Il cardinale di Spagna di Henry de Montherlant,(1962) al Teatro del Convegno di Milano.
A Venezia, affascinato dalla storia di un palazzo della Giudecca, fatto costruire dal pittore veneziano, Marius
de Maria o Marius Pictor come palazzo-mausoleo dedicato alla figlia Silvia, morta precocemente e che, nelle intenzioni del suo artefice, avrebbe dovuto completare una sorta di trilogia edilizia dedicata al cosiddetto "gotico veneziano", composta dal Palazzo Ducale e dalla Ca' d'Oro.
Avere una residenza a Venezia è occasione per Schifani di frequentare attivamente le Biennali di Venezia e frequentare qui numerosi pittori.
La sua pittura, recuperando il
Realismo Settecentesco, riesce ad affrontare tutti i grandi temi del 900 senza piegarsi alle mode imposte dalle avanguardie.
Sono famosissimi i ritratti che Sciltian ha fatto a decine di personaggi della buona società romana, milanese e veneta, oltre alle coinvolgenti composizioni trompe l'oeil che sanno stupire l'osservatore.
Di lui De Chirico ha scritto: "Gregorio Sciltian è il plastico per eccellenza. E' plastico quando dipinge, è plastico quando parla, è plastico quando gesticola"; sempre De Chirico l'ha definito "un burattinaio orientale" e un "creatore di spettacoli dipinti" (1941).
Successivamente trasferitosi a Roma, sul Lungotevere Sanzio, si occupa della stesura di un interessante testo teorico sulla pittura, e qui muore il 1 aprile 1985 lasciando un notevole patrimonio di opere in decine di collezioni pubbliche e private.